Il rifiuto a svolgere il lavoro di un collega è passibile di sanzione disciplinare

Pubblicato il 20 giugno 2011 Il rifiuto di compiere il lavoro di un collega assente è stato qualificato dalla Suprema Corte di Cassazione come uno sciopero delle mansioni, cioè come un comportamento non riconducibile alla nozione generica di sciopero e di conseguenza da considerare illegittimo.

Ciò, è quanto accaduto ad un postino che si è rifiutato di consegnare la posta di un collega assente e nel presentare ricorso aveva sostenuto che il suo atteggiamento era motivato dal fatto che il lavoro in più svolto per compensare l’assenza del collega veniva remunerato con una retribuzione inferiore, per cui la sua “astensione collettiva” dallo svolgere quel particolare compito “attiene al legittimo esercizio del diritto di sciopero”.

La Corte - con la sentenza n. 12979, depositata in data 14 giugno - è stata chiamata a decidere se l’astensione dal lavoro del ricorrente può essere fatta rientrare nell’esercizio del suo diritto di sciopero oppure se la sua inosservanza costituisca una violazione parziale degli obblighi contrattuali.

I giudici della Sezione lavoro, hanno osservato che il rifiuto di svolgere solo uno o più compiti, e non l’intero lavoro affidato al dipendente per contratto, non rientra nella nozione generica di sciopero, bensì in quella di “sciopero delle mansioni”. Di conseguenza, la richiesta avanzata dal datore di lavoro non è da considerarsi illegittima o antisindacale, non essendo una richiesta straordinaria di lavoro, ma rientrando precisamente nella facoltà del datore di organizzare il lavoro, adeguando le mansioni dei dipendenti alle varie esigenze, in caso di necessità. Pertanto, in capo al lavoratore inadempiente può scattare la sanzione disciplinare.
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