Il valore venale non è una prova

Pubblicato il 20 agosto 2007

L’autore interviene a commentare la modifica operata dall’articolo 35 del decreto legge 223/06 (Visco-Bersani) agli articoli 54 del Dpr 633/72 e 39 del Dpr 600/73 che nell’ambito delle vendite immobiliari accresce il potere di accertamento degli Uffici che sono legittimati ad effettuare accertamenti presuntivi sulla base del “valore venale” anche in settori impositivi ove precedentemente erano pressoché preclusi. Nella sostanza si affronta il tema del contenuto della circolare 28/E del 4 agosto cui si sostiene che gli Uffici possono rettificare direttamente la dichiarazione annuale Iva ed il reddito d’impresa se il corrispettivo della cessione sia dichiarato “in misura inferiore al valore normale del bene”. Nell’articolo si sottolinea quanto sia comodo per gli Uffici poter applicare automaticamente agli immobili il cosiddetto “valore venale” basato sulla nozione generica e indefinita di “valore normale” (articoli 14 del Dpr 633/72 e 9 del Tuir) e quanto, invece, sia necessaria per configurare il reato tributario la prova dell’occultamento dei componenti di reddito non, semplicemente, che il prezzo dichiarato non è quello determinato presuntivamente dalla legge.  

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