Con la sentenza n. 27017 dell’8 ottobre 2025, la Corte di Cassazione, Sezione V civile, è tornata a pronunciarsi sul presupposto impositivo dell’IMU, chiarendo che la mancanza del certificato di abitabilità o agibilità non incide sull’obbligo tributario.
Il caso riguardava un accertamento TASI, ma la Corte ha esteso il principio anche ai tributi comunali sugli immobili in generale, ribadendo che un fabbricato iscritto o iscrivibile al catasto edilizio urbano è comunque soggetto a imposizione, anche se irregolare sotto il profilo urbanistico o privo di agibilità.
L’Ente impositore aveva contestato il parziale versamento dell’imposta per alcune unità immobiliari di proprietà della società contribuente, sostenendo che, nonostante gli ordini di demolizione, gli immobili risultassero ancora accatastati e, pertanto, imponibili.
La contribuente eccepiva l’illegittimità dell’atto impositivo, ritenendo che l’assenza di agibilità e la perdita di valore commerciale escludessero l’assoggettamento a tributo.
La Commissione tributaria provinciale di Roma respingeva il ricorso, decisione poi confermata dalla CTR Lazio, la quale ribadiva che la mera irregolarità edilizia non comporta l’esclusione dall’imposta.
La curatela fallimentare della società ricorreva per cassazione lamentando, tra l’altro, l’erronea applicazione di legge, sostenendo che, in presenza di un ordine di demolizione, dovesse tassarsi solo il valore dell’area di sedime e non quello del fabbricato.
Il Comune ribatteva che l’iscrizione catastale costituisce presupposto sufficiente per l’imposizione, a prescindere dalla regolarità urbanistica del bene.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo un principio di diritto ormai consolidato: la regolarità urbanistica o l’abitabilità del fabbricato non incidono sul presupposto impositivo dell’IMU o della TASI. L’imposta è dovuta anche per immobili abusivi o privi di agibilità, purché iscritti o iscrivibili al catasto edilizio urbano.
Secondo i giudici, l’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504/1992 individua come presupposto del tributo l’iscrizione o l’iscrivibilità in catasto, che rappresenta condizione sufficiente per l’imponibilità, indipendentemente dallo stato legittimante dell’immobile.
L’imposta è dovuta dal momento in cui il bene presenta le condizioni per essere considerato fabbricato, ossia al termine dei lavori o all’inizio dell’utilizzo, anche in assenza di titolo edilizio o certificato di agibilità.
La Corte ha inoltre chiarito che solo la comprovata inagibilità – accertata tramite perizia dell’ufficio tecnico comunale – può giustificare la riduzione o l’esclusione dell’imposta.
La semplice assenza del certificato di abitabilità, invece, non è equiparabile all’inagibilità e non consente alcun beneficio fiscale.
Nel motivare la decisione, la Cassazione ha richiamato una serie di precedenti conformi, secondo i quali la mancanza del certificato di abitabilità non giustifica la riduzione dell’IMU o dell’ICI, poiché tale certificato attesta solo l’idoneità igienico-sanitaria dell’immobile e non incide sul presupposto impositivo.
L’imposta resta quindi dovuta per il semplice fatto dell’accatastamento, indipendentemente dall’effettiva abitabilità o dalla regolarità urbanistica del fabbricato.
La sentenza n. 27017/2025 rafforza l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il dato catastale e l’esistenza fisica del fabbricato prevalgono su ogni profilo urbanistico o autorizzatorio ai fini dell’imposizione IMU.
In assenza di una perizia comunale che accerti l’inagibilità, l’imposta resta dovuta anche per immobili privi di agibilità o sottoposti a ordine di demolizione.
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