Impairment in più mosse

Pubblicato il 17 marzo 2009 I soggetti che investono in società quotate in Borsa si affidano sensibilmente alle notizie che desumono dalla lettura dei bilanci, privilegiando due aspetti: l’affidabilità dell’informazione contabile e la sua rilevanza. In assenza di informazioni ritenute affidabili non è possibile prendere decisioni consapevoli. In questo ambito, assume particolare rilevanza l’affidabilità dell’impairment test che, però, risulta legata alla qualità del processo seguito. Dunque, agli organi societari di governo e di controllo spetta il compito di verificare la qualità del processo di impairmet, che si articola su diverse fasi. La prima fase è quella che consiste nell’analisi dei fattori di presunzione di perdita di valore sia esterni che interni. Lo Ias 36 indica una precisa gerarchia da seguire, che parte dalla stima del valore recuperabile delle attività, poi delle cash generating units (Cgu), poi dei gruppi di Cgu cui è allocato il goodwill, fino al valore recuperabile di gruppo, considerando anche i costi corporate non allocati alle Cgu. Il valore recuperabile è il maggiore fra il valore d’uso e il fair value. Nell’analisi degli imput di fonte interna è importante valutare budget e piani aziendali e decidere se limitarsi ad approvare un budget 2009 oppure approvare un piano a lungo termine. Gli imput di fonte esterna da considerare nel test di impairmet sono legati alle previsioni dei flussi delle azioni, al costo del capitale e ai multipli e ai loro determinati. In questo caso, due sono gli errori a cui si potrebbe andare incontro: la sottovalutazione dei rischi o il loro doppio conteggio. Infine, da sottolineare come tra le indicazioni per un test efficace rientri la verifica di coerenza fra valori contabili e recuperabili.
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