Impugnazione dei licenziamenti ai tempi del Covid

Pubblicato il 03 dicembre 2020

I termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento dell'art. 6, comma 1, Legge 15 luglio 1966, n. 604, sono strettamente correlati con quelli previsti per il deposito del ricorso in cancelleria dal secondo comma. È quanto affermato dal Tribunale di Milano nella sentenza 14 ottobre 2020, n. 5145, secondo cui, la sospensione degli atti processuali adottata per l'emergenza epidemiologica da Covid-19 ai sensi dell'art. 83, Decreto Cura Italia, e successivamente prorogata dall'art. 36 del Decreto Liquidità, per il periodo intercorrente dal 9 marzo 2020 sino all'11 maggio 2020, sospende, necessariamente, anche i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento comminato.

Invero, secondo i giudici di prime cure, l'eccezionalità delle disposizioni adottate a seguito della pandemia da Covid-19 che ha portato alla sospensione degli atti processuali, non può intendersi scollegata rispetto ai termini di impugnazione stragiudiziale previsti dall'art. 6, comma 1, secondo cui il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta. Altresì, atteso che la predetta impugnazione deve essere seguita, entro il termine di 180 giorni, dal deposito in cancelleria del tribunale in funzione del giudice del lavoro, trovandosi strettamente collegata al precedente termine di 60 giorni, la sola sospensione del termine giudiziale non appare in linea con lo spirito della norma.

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