In caso di fatture smarrite, prova anche testimoniale

Pubblicato il 15 dicembre 2009
Con sentenza n. 25713 pronunciata il 9 dicembre scorso, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dal Fisco avverso la decisione con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva annullato un avviso di rettifica Iva notificato ad una Srl che aveva messo a deduzione i costi dell'Iva agevolata prevista per la vendita di tabacco lavorato mentre, in realtà, aveva venduto del tabacco grezzo. La società si era difesa sostenendo di avere smarrito le fatture a prova delle operazioni commerciali effettuate ed i giudici di secondo grado avevano giustificato il mancato rinvenimento della documentazione per il fatto che la verifica della Guardia di finanza era stata effettuata quando la società era fallita.

Ricostruzione, questa, ribaltata dai giudici di Cassazione i quali hanno precisato che, in materia di Iva, “la deducibilità dell'imposta pagata dal contribuente per l'acquisizione di beni o servizi inerenti all'esercizio dell'impresa è subordinata, in caso di contestazione da parte dell'ufficio, alla relativa prova, che deve essere fornita dallo stesso contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate”; qualora – continua la Corte - il contribuente dimostri di trovarsi “nell'incolpevole impossibilità di produrre tali documenti e di non essere neppure in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi”, trova applicazione la regola generale di cui all'art. 2724, n. 3, cod. civ., secondo cui “la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall'onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell'Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti”.
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