No ad automatismi che vincolino il riconoscimento dell'invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale.
Lo ha affermato la Corte di cassazione con ordinanza n. 22066 dell’11 settembre 2018, secondo la quale non si può escludere la sussistenza di un’invalidità permanente per il solo fatto che la stessa non sia documentata da un referto strumentale per immagini.
E’ così che ha cassato, con rinvio, una decisione di merito, resa rispetto ad una domanda di risarcimento danni avanzata da un uomo, vittima di un sinistro stradale.
Nella sentenza del Giudice di pace, poi confermata in sede di gravame, era stata accolta solo la domanda di risarcimento relativa all'invalidità temporanea, mentre era stata negata la risarcibilità del danno correlato all'invalidità permanente.
Questo sull’assunto che, trattandosi di microlesioni, tale invalidità non era risultata accertata per tramite di un "accertamento clinico strumentale", ritenuto necessario, non risultando sufficiente un mero riscontro visivo da parte del medico legale.
I giudici della Sesta sezione civile di Cassazione, successivamente adita dal danneggiato, hanno ribaltato questa conclusione, e ciò alla luce di un principio di diritto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità a cui hanno inteso dare continuità.
Così, se è vero che in materia di risarcimento del danno da c.d. micropermanente, l'accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica deve avvenire “con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali”, è tuttavia anche vero che l'accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà, in ogni caso, ritenersi l'unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori.
Salva, in ogni caso, l'ipotesi in cui si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l'esame clinico strumentale.
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