La Consulta sulla ripetizione di indebiti retributivi e previdenziali

Pubblicato il 30 gennaio 2023

L’art. 2033 del codice civile - norma che costituisce la fonte generale dell’indebito oggettivo - non presenta profili di illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, rispetto al parametro interposto di cui all’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU.

E' quanto concluso dalla Corte costituzionale nel testo della sentenza n. 8 del 27 gennaio 2023, pronunciata in ordine alle questioni di legittimità dell'articolo in parola, promosse dal Tribunale ordinario di Lecce e dalla Corte di cassazione.

La disposizione in esame, in particolare, dispone: "Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda".

La questione del Tribunale di Lecce, in particolare, riguardava la parte in cui l'art. 2033 c.c. non prevede l’irripetibilità dell’indebito previdenziale non pensionistico (nella specie, si trattava di indennità di disoccupazione) quando le somme siano state percepite in buona fede e la condotta dell’ente erogatore abbia ingenerato un legittimo affidamento del percettore circa la spettanza della somma percepita.

Anche la Corte di cassazione aveva rilevato un'analoga violazione, e ciò nella parte in cui l'art. citato, in caso di indebito retributivo erogato da un ente pubblico e di legittimo affidamento del dipendente pubblico percipiente nella definitività dell’attribuzione, consente un’ingerenza non proporzionata nel diritto dell’individuo al rispetto dei suoi beni.

Tali questioni sono state giudicate non fondate ed inammissibili dalla Consulta.

Nella sua disamina, la Corte costituzionale ha ritenuto opportuno prendere le mosse dalla giurisprudenza della Corte EDU in tema di ripetizione di indebiti retributivi e previdenziali erogati da soggetti pubblici, per quel che concerne, in particolare, l’interpretazione dell’art. 1 del richiamato Protocollo addizionale.

La ricostruzione che emerge è critica nei confronti di "interferenze sproporzionate rispetto all’affidamento legittimo ingenerato dall’erogazione indebita da parte di soggetti pubblici di prestazioni di natura previdenziale, pensionistica e non, nonché retributiva".

La Corte, quindi, ha provveduto ad esaminare la normativa nazionale, giungendo alla conclusione che, alla luce del quadro di rimedi offerto dall’ordinamento nazionale, "la norma che costituisce la fonte generale dell’indebito oggettivo, vale a dire l’art. 2033 cod. civ., non presenta i prospettati profili di illegittimità costituzionale".

Per la Consulta, infatti, la clausola della buona fede oggettiva consente, sul presupposto dell’affidamento ingenerato nell’accipiens, di adeguare, tramite la rateizzazione, il quomodo dell’adempimento della prestazione restitutoria, tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell’obbligato.

In presenza, inoltre, di particolari condizioni personali dell’accipiens e dell’eventuale coinvolgimento di diritti inviolabili, la buona fede oggettiva può condurre, a seconda della gravità delle ipotesi, a ravvisare una inesigibilità temporanea o anche parziale.

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