LdB 2026 sbloccato il maxi-emendamento: incentivi alle imprese, ZES e Transizione 4.0

Pubblicato il 22 dicembre 2025

Il Disegno di legge di Bilancio 2026 ha superato un passaggio decisivo del proprio iter parlamentare nella serata del 20 dicembre 2025, con il primo via libera della Commissione Bilancio del Senato. Dopo giorni di stallo e tensioni nella maggioranza, l’impasse è stata superata attraverso un cambio di strategia da parte del Governo.

È stata infatti abbandonata l’ipotesi di un decreto legge autonomo, inizialmente valutata per veicolare alcune misure stralciate, in favore di un nuovo maxi-emendamento direttamente inserito nel perimetro della Manovra. Il testo governativo è stato riformulato, escludendo le disposizioni più controverse in materia pensionistica e concentrandosi sugli interventi a sostegno del sistema produttivo.

In questo modo sono rientrate nella Legge di Bilancio le misure per le imprese, inizialmente accantonate, accompagnate dall’individuazione delle coperture finanziarie, reperite mediante la rimodulazione di risorse già disponibili, in particolare nell’ambito dei piani dell’INPS e di alcuni investimenti programmati.

Con il mandato della Commissione Bilancio, il provvedimento è atteso in Aula al Senato il 22 dicembre 2025, avviandosi verso la fase conclusiva dell’iter parlamentare, con approvazione definitiva prevista entro il 31 dicembre 2025.

Di seguito si analizzano le principali novità del maxi-emendamento, con particolare riferimento al pacchetto di agevolazioni e incentivi destinati alle imprese.

Transizione 4.0 e Transizione 5.0: continuità degli incentivi e stop alle maggiorazioni “green”

Il nuovo maxi-emendamento alla Legge di Bilancio 2026 conferma il rifinanziamento degli incentivi agli investimenti produttivi riconducibili al piano Transizione 4.0, destinati in particolare alle imprese rimaste escluse o penalizzate nell’accesso al più recente schema di Transizione 5.0. Le risorse aggiuntive consentono di riattivare il canale agevolativo tradizionale per gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali, garantendo continuità agli investimenti programmati, seppure con intensità agevolative inferiori rispetto al modello 5.0.

Parallelamente, il Governo ha scelto di ridimensionare il perimetro premiale della Transizione 5.0, eliminando il sistema delle maggiorazioni delle aliquote per gli investimenti “green”, inizialmente previsto nelle bozze preliminari della Manovra. Viene quindi meno il meccanismo che premiava, con un incremento delle aliquote standard, i beni strumentali in grado di garantire una riduzione dei consumi energetici pari almeno al 3% a livello di struttura produttiva o al 5% sui processi interessati. La soppressione della premialità aggiuntiva rappresenta un arretramento rispetto agli obiettivi di transizione ecologica che avevano caratterizzato l’impianto originario della misura.

Iperammortamento: proroga al 2028 senza premialità ambientali

Il maxi-emendamento introduce una proroga significativa dell’iperammortamento, estendendo il termine per la fruizione dell’incentivo dal 31 dicembre 2026 al 30 settembre 2028. La misura riguarda gli investimenti in beni strumentali “made in UE” effettuati nel periodo 2026–2028 e consente una deduzione fiscale maggiorata secondo le seguenti aliquote:

Rispetto alla prima versione del Disegno di legge di bilancio, viene tuttavia eliminata la maggiorazione “green” del 40%, che avrebbe portato le aliquote rispettivamente al 220%, 140% e 90% per gli investimenti ad alta efficienza energetica.

Restano quindi esclusi dalla premialità rafforzata beni strumentali quali impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, sistemi di accumulo, macchinari ad alta efficienza energetica e tecnologie per la riduzione dei consumi elettrici e termici. La scelta segna un compromesso tra l’esigenza di allungare l’orizzonte temporale dell’incentivo e la necessità di contenere l’impatto finanziario della misura.

ZES Unica Mezzogiorno: integrazione del credito d’imposta e nuove percentuali

Il maxi-emendamento rafforza il credito d’imposta per gli investimenti nella ZES Unica del Mezzogiorno, destinando oltre 530 milioni di euro a integrazione delle risorse già stanziate. L’intervento è finalizzato a compensare la riduzione della percentuale effettivamente fruibile nel 2025, determinata dall’esaurimento dei fondi inizialmente disponibili.

Per le imprese che hanno presentato la comunicazione integrativa entro i termini previsti, viene riconosciuta una integrazione pari al 14,6189% del credito richiesto, con utilizzo in compensazione nel corso del 2026. Resta fermo il divieto di cumulo con il credito d’imposta Transizione 5.0, imponendo alle imprese una valutazione preventiva sulla convenienza del canale agevolativo da utilizzare.

Per il settore agricolo e forestale, l’emendamento ridefinisce le percentuali di fruizione, portandole a:

e proroga l’agevolazione agli investimenti effettuati fino al 15 novembre 2026, semplificando al contempo gli adempimenti per l’accesso al beneficio.

Caro materiali in edilizia e Piano Casa: rifinanziamenti ridimensionati

Nel capitolo dedicato all’edilizia, il fondo per il caro materiali viene rifinanziato con 600 milioni di euro per il 2026 e 500 milioni di euro per il 2027, importi inferiori rispetto alle previsioni iniziali ma comunque sufficienti a mantenere una tutela minima per le imprese del comparto.

Il Piano Casa viene confermato con una dotazione complessiva di 200 milioni di euro nel biennio, a fronte dei 300 milioni inizialmente previsti, riflettendo le difficoltà di reperimento delle coperture finanziarie.

Altre novità: tassa sui pacchi e Tobin Tax

Accanto agli interventi a sostegno del sistema produttivo, il maxi-emendamento introduce anche alcune misure di natura fiscale, finalizzate principalmente al rafforzamento delle entrate e al finanziamento complessivo della manovra. In particolare, è prevista:

Gli interventi hanno una finalità essenzialmente di gettito e contribuiscono alla sostenibilità finanziaria complessiva della Legge di bilancio 2026.

Pagamenti ai professionisti da parte della PA: il correttivo dopo le proteste

Tra le disposizioni che hanno maggiormente acceso il dibattito nella bozza originaria della Legge di Bilancio 2026 rientra l’articolo 129, comma 10, che introduceva un nuovo vincolo nei pagamenti dei compensi ai liberi professionisti da parte delle amministrazioni pubbliche. La formulazione iniziale subordinava l’erogazione dei compensi alla preventiva verifica della regolarità fiscale e contributiva del professionista, da attestare al momento della presentazione della fattura, trasformando tale requisito in una condizione necessaria per l’incasso.

La previsione ha generato immediate e forti proteste, in particolare da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), che ne ha denunciato il carattere penalizzante e la disparità di trattamento rispetto alle altre categorie di creditori della Pubblica Amministrazione. A seguito delle critiche, il Governo è intervenuto con un correttivo al testo, riformulando l’emendamento e attenuandone gli effetti più rigidi, pur senza eliminarne completamente le criticità segnalate dalla categoria professionale.

La versione attuale consente infatti lo sblocco del pagamento della quota di compenso eccedente l’importo dei debiti fiscali e contributivi scaduti, evitando il blocco integrale delle fatture anche in presenza di irregolarità di modesta entità. Secondo il presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio, si tratta di “un passo avanti rispetto alla versione originaria”, che tuttavia non elimina la disparità di trattamento rispetto alle altre categorie di creditori della Pubblica Amministrazione, per i quali non è previsto un analogo meccanismo di verifica preventiva.

Resta inoltre irrisolto il tema dell’assenza di soglie minime, sia in relazione agli importi dei compensi sia ai debiti fiscali e contributivi scaduti, oltre le quali far scattare il blocco o le verifiche. Secondo i commercialisti, l’obiettivo di accelerare la riscossione nei confronti dei contribuenti morosi è condivisibile, ma non può essere perseguito limitandosi a una sola categoria di cittadini, né attraverso procedure che rischiano di aggravare inutilmente gli oneri amministrativi per pagamenti di importo marginale.

In questo contesto, il differimento dell’entrata in vigore delle nuove regole a metà giugno 2026 viene letto dal CNDCEC come un’occasione per ripensare l’impianto della norma, introducendo criteri di proporzionalità e semplificazione che consentano di coniugare le esigenze di gettito con la tutela dell’equità e della certezza nei rapporti tra professionisti e Pubblica Amministrazione.

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