Le attività nei call center frenano qualsiasi crescita professionale

Pubblicato il 01 ottobre 2008

La Cassazione, sezione Lavoro, fa sue, in sentenza n. 24293 depositata il 29 settembre, considerazioni già affermate nella pronuncia di legittimità n. 10091/2006, che poneva in evidenza, interpretando l’articolo 2103 del Codice civile, “oltre al dato definitivo oggettivo, rappresentato dall’appartenenza di ambedue i tipi di mansione, di provenienza e di destinazione, al medesimo livello di inquadramento contrattuale, il principio che le mansioni di destinazione devono consentire l’utilizzazione ovvero il perfezionamento e l’accrescimento del corredo di esperienze, nozioni, perizia acquisite nella fase pregressa del rapporto”.

In virtù del postulato ora espresso, la conclusione del massimo consesso di “Piazza Cavour” nella decisione a commento è che, anche a parità di contratto collettivo, i dipendenti non possano essere spostati nei call center se originariamente svolgevano mansioni con maggiori occasioni di crescita professionale.

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