Dall’amministratore giudiziario licenziamento senza garanzie disciplinari

Pubblicato il 10 febbraio 2025

Il licenziamento di un dipendente in un'azienda sequestrata non può essere valutato sulla base di requisiti soggettivi estranei alla gestione aziendale.

Il giudizio sulla legittimità del licenziamento deve quindi concentrarsi esclusivamente sugli aspetti oggettivi e funzionali dell'amministrazione dell'impresa.

La normativa antimafia, infatti, introduce una disciplina derogatoria rispetto alla tutela ordinaria dei lavoratori.

In tale contesto, l'eventuale revoca di una misura cautelare penale nei confronti del lavoratore non è, di per sé, sufficiente a rendere illegittimo il licenziamento, se questo è stato adottato per ragioni di ordine pubblico e per garantire il corretto funzionamento dell'impresa.

Licenziamento in aziende sequestrate, poteri dell'amministratore giudiziario

Con ordinanza n. 2803 del 5 febbraio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, si è occupata di un caso di licenziamento avvenuto nell'ambito della gestione di un'azienda sottoposta a sequestro preventivo ai sensi del Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011).

La questione oggetto della controversia

La questione giuridica principale riguardava la possibilità, per l'amministratore giudiziario, di risolvere un rapporto di lavoro senza essere vincolato alle garanzie previste dalla normativa ordinaria sui licenziamenti.

La Corte d'Appello aveva precedentemente annullato il licenziamento del lavoratore, ritenendolo illegittimo e disponendo la sua reintegrazione, oltre al pagamento di un'indennità risarcitoria.

La motivazione di questa decisione si basava sul fatto che il licenziamento era stato intimo durante un periodo di malattia e sulla circostanza che il lavoratore, pur essendo stato inizialmente coinvolto in un'indagine per traffico illecito di rifiuti, non era più sottoposto a misure restrittive.

In particolare, la Corte d'Appello aveva considerato la revoca della misura cautelare come un elemento decisivo per l'inapplicabilità dell'art. 56 del D.Lgs. n. 159/2011, norma che disciplina il licenziamento nelle aziende sequestrate.

A seguito di questa decisione, l'azienda aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che il licenziamento era pienamente legittimo in virtù della normativa speciale antimafia.

Secondo la ricorrente, l'amministratore giudiziario aveva agitato nel rispetto dell'art. 56, il quale consente di risolvere i rapporti di lavoro senza dover rispettare le garanzie proprie del licenziamento disciplinare, purché la decisione sia adeguatamente motivata.

La decisione della Corte di Cassazione  

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'azienda, ritenendo fondato il motivo relativo all'errata interpretazione della normativa da parte della Corte d'Appello.

Secondo i giudici di legittimità, l'art. 56 del Codice Antimafia attribuisce all'amministratore giudiziario un potere discrezionale nella gestione dell'impresa sequestrata, incluso il licenziamento del personale, senza che sia necessario rispettare le procedure previste per i licenziamenti disciplinari.

La Cassazione ha inoltre chiarito che l'art. 35 del D.Lgs. n. 159/2011, erroneamente richiamato dalla Corte d'Appello, disciplina esclusivamente i requisiti di incompatibilità per la nomina dell'amministratore giudiziario e dei suoi collaboratori, ma non può essere applicato ai dipendenti dell'azienda sequestrata.

Pertanto, la decisione dei giudici di merito era fondata su un'interpretazione errata della normativa, condizionando la legittimità del licenziamento a requisiti che non sono previsti per i lavoratori.

Un altro aspetto su cui la Corte si è soffermata riguarda la sufficienza della motivazione fornita dall'amministratore giudiziario.

Nel caso specifico, il licenziamento era stato disposto in considerazione del provvedimento di sequestro che aveva colpito l'azienda e la posizione del lavoratore, il quale era stato inizialmente sottoposto a indagini per reati connessi alla gestione aziendale.

Secondo i giudici di legittimità, questi elementi costituivano una motivazione valida e sufficiente per giustificare il recesso, senza la necessità di ulteriori valutazioni soggettive sul lavoratore.

Sul punto, è stato ribadito che la revoca di una misura cautelare penale nei confronti del dipendente non incide sulla legittimità del licenziamento, il quale deve essere valutato esclusivamente in base alle esigenze di gestione dell'impresa sequestrata.

Cassazione con rinvio e implicazioni della decisione  

A seguito delle considerazioni svolte, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d'Appello e ha disposto il rinvio della causa affinché venga riesaminata alla luce dell'interpretazione corretta dell'art. 56 del Codice Antimafia.

Il giudice del rinvio, a questo punto, dovrà valutare nuovamente il caso, applicando i principi stabili dalla Suprema Corte, secondo cui l'amministratore giudiziario può disporre il licenziamento per ragioni oggettive connesse alla gestione dell'azienda sequestrata, senza dover rispettare le garanzie previste per il licenziamento disciplinare.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del Caso Un lavoratore di un’azienda sequestrata per motivi antimafia viene licenziato dall’amministratore giudiziario. La Corte d’Appello annulla il licenziamento, ordinando la reintegrazione e il risarcimento.
Questione Dibattuta La Corte d’Appello ritiene che il licenziamento debba rispettare le garanzie previste per i licenziamenti disciplinari. L’azienda ricorre in Cassazione, sostenendo che l’amministratore giudiziario può licenziare senza tali garanzie, in base all’art. 56 del Codice Antimafia.
Soluzione della Corte di Cassazione La Cassazione accoglie il ricorso dell’azienda, chiarendo che l’amministratore giudiziario può licenziare senza rispettare le garanzie procedurali del licenziamento disciplinare, purché fornisca una motivazione adeguata legata alla gestione dell’azienda sequestrata.
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