Licenziamento per ritorsione dopo il rifiuto a una retribuzione ridotta

Pubblicato il 21 maggio 2021

E’ ritorsivo il licenziamento motivato dall’esternalizzazione delle attività assegnate al dipendente se, in realtà, la posizione lavorativa non viene soppressa e il recesso è disposto a seguito del rifiuto del lavoratore a stipulare una proposta di novazione del contratto con riduzione della retribuzione.

Licenziamento ritorsivo, accertamento giudiziale

Lo ha confermato la Corte di Cassazione, nell’aderire alle conclusioni della Corte di appello in riferimento ad una vicenda in cui il datore di lavoro aveva provveduto al recesso per giustificato motivo oggettivo di un dipendente, in considerazione dell’esternalizzazione delle attività a lui assegnate.

In realtà, i giudici di gravame avevano verificato che il predetto giustificato motivo oggettivo era insussistente ed avevano valorizzato, in tale contesto, gli elementi fattuali atti ad individuare la natura ritorsiva del recesso, ponendo in relazione la proposta novativa con il licenziamento stesso e osservando che la presunta esternalizzazione non aveva fatto venir meno la necessità della posizione lavorativa ricoperta dal dipendente, atteso che le mansioni del lavoratore, a partire dal giorno successivo al recesso, erano state espletate da altra impiegata.

Le motivazioni rese dalla Corte di secondo grado sono state confermate, come detto, anche dalla Corte di cassazione, a cui si era rivolta la parte datoriale per contestare la declaratoria di illegittimità del licenziamento.

Con ordinanza n. 13781 del 20 maggio 2021, gli Ermellini hanno ritenuto che il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale fosse congruo e idoneo a consentire un controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio prospettato.

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