Mantenimento. L’alto reddito del padre non basta per aumentare l’assegno

Pubblicato il 11 ottobre 2018

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso avanzato da un padre contro la decisione con cui, in secondo grado, l’assegno di mantenimento del figlio, posto a suo carico, era stato rideterminato in una somma che quasi raddoppiava l’importo inizialmente convenuto.

L’uomo si era opposto alla valutazione operata dai giudici di merito che, a suo dire, avevano aumentato la consistenza dell’assegno senza fare alcun riferimento alle attuali e concrete esigenze di vita del minore, e senza nemmeno operare una valutazione comparativa dei redditi di entrambi i genitori.

Cassazione: rideterminazione su indagine comparativa

Nel testo dell’ordinanza n. 25134 del 10 ottobre 2018, la Corte di legittimità ha, in primo luogo, ricordato il criterio del mantenimento in misura proporzionale al reddito di ciascun genitore e delle risorse economiche di entrambi, valutate alla stregua di un’indagine comparativa.

Inoltre, ha ribadito come, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionata al proprio reddito, il giudice di merito debba individuare, come elementi da tenere in considerazione nella determinazione dell’assegno, le esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, le risorse economiche dei genitori nonché i tempi di permanenza presso ciascuno.

Valutazione solo su redditi del padre? Motivazione apparente

Principi a cui – secondo la Suprema corte – non si era attenuta la Corte d’appello, essendosi la stessa limitata, per quanto riguarda le esigenze del minore, a dedurre, del tutto genericamente e senza alcun riferimento specifico, l’impossibilità di quantificare con precisione aritmetica le esigenze del bimbo “che viva in ambienti famigliari particolarmente benestanti”.

Quanto poi alle condizioni patrimoniali dei genitori, i giudici di gravame si erano limitati ad un generico riferimento “alle oltremodo consistenti risorse reddituali e patrimoniali” del padre, per giungere alla conclusione di dover reputare congrua la rideterminazione operata.

Una motivazione, questa, che gli Ermellini hanno ritenuto “apparente”, secondo il disposto del novellato articolo 360, primo comma, n. 5 del Codice di procedura civile.

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