No al ricongiungimento senza la prova della convivenza con la moglie italiana

Pubblicato il 04 marzo 2013 Con la sentenza n. 7912 del 18 febbraio 2013, la Corte di cassazione ha sottolineato come il matrimonio con una cittadina italiana, avvenuto dopo l’espulsione dal territorio nazionale, non giustifica il rientro del clandestino in Italia senza alcuna autorizzazione “essendo necessario l'ulteriore presupposto della convivenza con il coniuge, come si ricava dal sistema e dall'esigenza di evitare matrimoni solo formali, strumentali ad ottenere il permesso di soggiorno”.

Nella vicenda in esame, la Suprema corte ha rigettato il ricorso presentato da un cittadino albanese condannato con giudizio abbreviato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per immigrazione clandestina. L’uomo era stato espulso con accompagnamento alla frontiera ma aveva comunque fatto rientro in Italia senza l'autorizzazione del ministro dell'Interno. Lo stesso aveva invocato il suo diritto al ricongiungimento familiare in quanto, nel frattempo, aveva sposato una donna italiana. Ricongiungimento familiare che, tuttavia, non gli era stato riconosciuto dai giudici di merito in quanto non giustificato da alcun visto di ingresso per motivi familiari nonché non accompagnato dalla prova della convivenza con la moglie.
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