No alla sospensione dell’avvocato, se lo “strepitus fori” non è concreto ed attuale

Pubblicato il 19 febbraio 2015 Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati non può sospendere un avvocato dall’attività professionale, se lo “strepitus fori” dovuto al suo coinvolgimento in un procedimento penale, non sia concreto ed attuale.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con sentenza n. 3184, depositata il 18 febbraio 2015, rigettando il ricorso presentato dal Consiglio dell’Ordine avverso la decisione con cui il Consiglio Nazionale Forense aveva revocato - per mancanza di “sterpitus fori”- la misura cautelare della sospensione dalla professione, precedentemente irrogata ad un avvocato sottoposto a procedimento penale.

Ciò poiché – a detta del Cnf – la valutazione discrezionale circa l’opportunità di procedere, in tal caso, alla sospensione cautelare del professionista, avrebbe dovuto essere sorretta da circostanze oggettive, atte ad integrare il clamore suscitato dalle imputazioni penali, in una dimensione di effettiva propagazione all’esterno dell’ambito giudiziale.

Dello stesso avviso si è rivelata la Corte di Cassazione, secondo cui, la sospensione cautelare di un avvocato dall’attività professionale, deve dirsi legittima solo se motivata, non solo con riferimento alla gravità delle imputazioni penali elevate a carico del professionista, ma anche con riguardo allo “strepitus forida accertarsi in concreto e che abbia le caratteristiche dell’attualità.

Deve pertanto escludersi, come nel caso di specie, che possa valere a sostenere la sospensione in parola uno “strepitus fori” non concreto ed attuale ma solo “ragionevolmente” previsto, ovvero, solo astrattamente collegato all’esistenza del processo penale.
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