No alla "tenuità del fatto" se le violazioni sono reiterate

Pubblicato il 06 agosto 2015

Con sentenza n. 34208 depositata il 5 agosto del 2015, la Corte di Cassazione, prima sezione penale, ha deciso in ordine al ricorso di un imputato, avverso il provvedimento che ne confermava la condanna all'arresto ed all'ammenda, per aver violato, ai sensi dell'art. 681 c.p. e art. 80 Tulps, le prescrizioni inerenti la sicurezza pubblica in riferimento al numero di avventori ammessi nella sua discoteca (superiore rispetto a quello consentito), ed all'omesso mantenimento in efficienza e praticabilità delle porte di emergenza.

Tra le varie contestazioni, l'imputato richiedeva la non punibilità per particolare tenuità dei fatti, ai sensi dell'art. 131 bis c.p.

La Cassazione tuttavia, pur escludendo l'incompatibilità dell'istituto con il giudizio in Cassazione, l'ha ritenuto non configurabile nel caso di specie.

Prima di tutto – ha rilevato la Corte – l'imputato non risulta condannato alla pena minima edittale; il che significa che l'apprezzamento delle specifiche caratteristiche della vicenda hanno giustificato – secondo adeguato giudizio di merito – una punizione superiore a tale soglia.

Le condotte ascritte al ricorrente, per di più, risultano essere state plurime e reiterate nel tempo, il che contrasta con il menzionato art. 131 bis c.p., il quale esclude esplicitamente la causa di estinzione della pena, per l'appunto, quando i reati abbiano ad oggetto "condotte plurime, abituali e reiterate", configurando dunque una condizione ostativa alla concessione beneficio.  

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