La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la sentenza n. 59/14/10, ha confermato il parere di primo grado favorevole al Fisco, riguardo ad una controversia avente per oggetto contratti derivati. Nello specifico, si tratta di un interest rate swap, cioè un contratto che vincola le due parti a versare e riscuotere a date prestabilite gli importi fissati in base al differenziale di tassi di interessi diversi.
La società per azioni, che era ricorsa a tale strumento derivato, aveva accantonato in bilancio un certo ammontare nella voce “Accantonamento fondo rischi”, da utilizzare come copertura della perdita eventualmente scaturente dal contratto in oggetto. Nel momento, però, in cui la stessa società ha presentato la dichiarazione dei redditi, il costo citato risultava essere privo degli elementi certi e precisi richiesti dall’articolo 109 del Tuir per poterlo portare in deduzione. Di conseguenza, il Fisco ha contestato le deducibilità del suddetto costo.
Secondo la Ctr vi è più di una ragione che avvalora la tesi del Fisco e convalida il divieto alla deducibilità dei costi per gli accantonamenti a copertura dei rischi scaturenti da contratti derivati. In primo luogo, per la Commissione assume importanza il fatto che il contratto di swap ha una natura puramente speculativa e non è un contratto di copertura finanziaria. Esso, dunque, non costituisce un elemento patrimoniale di durevole utilizzo nell’ambito dell’impresa e, di conseguenza, i fondi per esso accantonati hanno natura aleatoria e non sono deducibili.
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