Ok al demansionamento ma all’interno della categoria legale

Pubblicato il 01 luglio 2015

L’articolo 3, D.Lgs. n. 81/2015, ha modificato l’art. 2103 c.c. prevedendo, innanzitutto, che il lavoratore debba essere adibito alle mansioni per le quali sia stato assunto, o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito, ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.

In tal modo viene così superato il vecchio concetto di equivalenza che da sempre è oggetto di disputa dottrinale e giurisprudenziale.

Inoltre, viene ammesso il demansionamento del lavoratore in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidano sulla sua posizione; nel caso di specie l’assegnazione anche se a livello di inquadramento inferiore, deve rientrare nella stessa categoria legale (quadri, impiegati e operai) e, se necessario, deve essere accompagnata dall’assolvimento dell’obbligo formativo.

I contratti collettivi possono prevedere ulteriori ipotesi di demansionamento.

Ad ogni modo il lavoratore deve ricevere comunicazione per iscritto e, comunque, mantiene il livello di inquadramento ed il trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.

E’, infine prevista, anche la possibilità di stipulare accordi individuali di modifica:

nelle sedi di conciliazione o di certificazione – in cui il prestatore di lavoro può farsi assistere da un rappresentante dell'Associazione Sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un Avvocato o da un Consulente del Lavoro - purché nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.

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