Omesse ritenute. Le sanzioni amministrativa e penale hanno diversa natura

Pubblicato il 21 luglio 2015

Con sentenza n. 31738 depositata il 20 luglio 2015, la Corte di cassazione ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’articolo 649 del Codice di procedura penale sollevata da una datrice di lavoro che era stata condannata per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali per i lavoratori dipendenti.

Secondo parte ricorrente, l’articolo censurato era da ritenere incostituzionale per violazione dell’articolo 117 della Costituzione in riferimento all’articolo 4 Prot. 7 CEDU, nella parte in cui non prevede che procedimenti non qualificati formalmente come penali, ma aventi natura sostanzialmente penale, possano determinare il proscioglimento dal reato per il principio del ne bis in idem.

L’imputata, in particolare, lamentava il fatto che la sanzione civile dalla stessa subita ai sensi dell’articolo 116 comma 8 lettera a) della Legge n. 388/2000 conseguente al mancato pagamento dei contributi, per la sua natura afflittiva, acquisiva, di fatto, caratteristiche proprie della sanzione penale. E poiché, altresì, la sanzione penale irrogatale, di cui all’artico 2, comma 1 bis della Legge n. 638/83, conseguiva all’omesso versamento dei contributi per il medesimo periodo di riferimento oggetto della sanzione civile, ciò costituiva il presupposto della identità del fatto.

Da qui il richiamo alla sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Grande Stevens ed altri contro Italia del 4 marzo 2014 e al principio ivi affermato del divieto della doppia punibilità in materia penale.

Partendo da questa ultima decisione, la Suprema corte ha sì precisato come debba essere verificato, al di là del nomen juris attributo alla sanzione prevista dal ricordato articolo 116, comma 8, se essa assuma natura intrinsicamente penale o meno.

La risposta dei giudici di legittimità è tuttavia negativa in quanto mentre la sanzione prevista dall’articolo 2 comma 1 bis della Legge 638/83 mira a tutelare il lavoratore in danno del quale il datore si è appropriato delle somme a lui riservate, la sanzione contemplata nell’articolo 116 citato ha effetti ristoratori verso l’INPS e dunque assume caratteri sostanzialmente, e non solo formalmente, civilistici.

Conseguentemente - si legge nel testo della decisione - va esclusa in radice la possibilità di considerare l’identità del fatto, come erroneamente prospettato dalla ricorrente, non essendo certamente sufficiente per affermare ciò la “medesimezza dell’avvenimento storico” ma che siano identici i tratti caratteristici.

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