Omesse ritenute. Va assolto l’imprenditore che accende mutui per resistere alla crisi

Pubblicato il 11 maggio 2018

No alla condanna per omesso versamento delle ritenute se il giudice omette di valutare le prove allegate dalla difesa relativamente alla grave crisi finanziaria dell’azienda e ai mutui volti a garantire l’andamento della società.

La Cassazione ha accolto, con rinvio, il ricorso avanzato da un imprenditore contro la condanna per omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali a lui impartita dai giudici di merito.

L’imputato si era rivolto alla Corte di legittimità, lamentando un vizio di motivazione in ordine alle cause che lo avevano costretto all’omissione riscontrata.

La società di cui era legale rappresentante - aveva dedotto - era stata investita da una gravissima crisi economica e finanziaria, dovuta, da un lato, ad una drastica riduzione del fatturato e, dall’altro, agli importanti oneri finanziari che doveva fronteggiare in conseguenza di investimenti effettuati prima del periodo di crisi.

Benché quest’ultima situazione fosse stata ampiamente documentata dalla difesa del ricorrente (attraverso la produzione di bilanci, conti economici e stati patrimoniali), la stessa non era stata presa in considerazione né aveva ottenuto alcun riscontro nella decisione di merito.

In questa – si doleva l’imputato – non era stato fatto nemmeno alcun accenno con riguardo ai mutui e alle ipoteche accesi dallo stesso su beni personali, pur di garantire l’andamento della società, elementi che avrebbero dovuto essere considerati – a suo dire – per escludere la presenza del dolo del reato contestato.

Cassazione: motivazione insufficiente

Aderendo alle doglianze del ricorrente, la Terza sezione penale – sentenza n. 20725 depositata il 10 maggio 2018 – ha reputato la motivazione contenuta nella sentenza di condanna del tutto insufficiente.

Nel dettaglio, accertata la omissione delle ritenute, la Corte d’appello si era limitata a sottolineare, in termini del tutto generici, che dalla documentazione prodotta dall’imputato emergesse con evidenza, al massimo, una crisi di liquidità che si era risolta con la consapevole commissione del reato.

Dalla considerazione di questa conclusione, gli Ermellini hanno desunto che i giudici di secondo grado non avevano valutato le numerose allegazioni prodotte dalla difesa finalizzate ad evidenziare elementi che avrebbero potuto incidere sul profilo psicologico della condotta (compresi, tra questi, i mutui che il ricorrente aveva acceso, con garanzia su propri immobili, per reperire liquidità).

Impossibilità di adempiere: oneri di allegazione a carico dell’imputato

Nella propria decisione, la Suprema corte ha, quindi, ribadito l’indirizzo di legittimità secondo cui, in caso di omesse ritenute, è possibile che l’imputato invochi la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto.

Occorre, ossia, la prova che non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie per il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli al proprio patrimonio personale.

Approdi ermeneutici”, questi, dei quali – a detta della Cassazione - la Corte d’appello non aveva fatto buon governo, redigendo una motivazione, sul punto, del tutto insufficiente.

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