Opposizione a decreti ingiuntivi: gli effetti della nuova interpretazione solo per le cause successive alla sentenza n. 19246

Pubblicato il 29 novembre 2010 Il Consiglio nazionale forense ha incontrato, lo scorso 11 novembre 2010, il presidente della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, per discutere delle conseguenze della famosa sentenza (la n. 19246) con cui le Sezioni unite della Cassazione hanno affermato che nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, la riduzione della metà del termine di costituzione dell’opponente-debitore consegue “automaticamente” alla proposizione della opposizione, indipendentemente dalla scelta dell’opponente di fissare all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello ordinario.

Il Consiglio si è visto rassicurare dal presidente Lupo sulla portata degli effetti di tale decisione che sarebbe circoscritta in quanto, in applicazione di convergenti orientamenti delle Corti nazionali e sovranazionali, la riduzione della metà dei termini di costituzione dell'opponente varrebbe solo nei giudizi di opposizione il cui atto introduttivo sia stato notificato dopo la data di pubblicazione della sentenza della cassazione (9 settembre 2010). Ed infatti, secondo i richiamati orientamenti “i mutamenti di giurisprudenza nell'interpretazione di norme processuali non possano, anche per il principio di economia processuale, sconvolgere l'assetto predisposto in considerazione del pregresso modus procedendi”.

Intanto, per ovviare al problema della improcedibilità di massa delle opposizioni a decreto ingiuntivo, in Parlamento sono giunte due diverse proposte di legge ispirate ad alcune proposte del Consiglio nazionale forense. La prima proposta è quella che interpreta l'articolo 165 comma 1 del Codice di procedura civile nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell'attore ivi prevista si applichi, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l'opponente abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all'articolo 163 bis comma 2 del Codice di procedura civile. Con la seconda si interverrebbe, invece, sull'articolo 645, 2° comma del Codice processuale civile prevedendo che la riduzione dei termini ivi prevista non riguardi i termini di costituzione.

Dal canto loro, gli organi di giurisdizione si sono finora orientati nel cercare di mantenere in vita le cause concedendo alle parti la remissione in termini. Secondo i tribunali, infatti, il mutamento giurisprudenziale innovativo conseguente alla citata sentenza giustificherebbe l'errore cui è incorsa la parte che abbia seguito l'indirizzo giurisprudenziale previgente.
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