Perdite su crediti, Cassazione e giurisprudenza di merito divise

Pubblicato il 30 maggio 2011 L’utilizzo – deduzione - delle perdite sui crediti da parte delle imprese deve basarsi su elementi certi e precisi (come la procedura concorsuale). Questo è quanto disposto dall’articolo 101, comma 5, del Tuir, più stringente rispetto sia al codice civile che ai principi contabili. Infatti, nel documento Oic 15 è stabilito che si può svalutare il credito non solo nella sussistenza di situazioni di inesigibilità manifeste, ma anche per quelle temute.

In questo divario si incunea l’orientamento della giurisprudenza, nel momento in cui la scelta delle imprese va verso la cessione del credito pro soluto e non la deduzione delle perdite, proprio per la difficoltà di dimostrare elementi certi e precisi per la deduzione. Succede che la Cassazione – a partire dalla sentenza 13181/2000 - difende la dimostrazione di elementi certi e precisi anche per le cessioni pro soluto dei crediti; mentre, la giurisprudenza di merito – Ctp Sassari sentenza n. 67/2004 – sostiene che la certezza della perdita è manifesta nel momento proprio della cessione, visto che il cedente “perde” tale credito. 

Chiaramente l’Amministrazione finanziaria si è adeguata alla Cassazione (risoluzioni 70/E/2008 e 16/E/2006).

Ma, recentemente la giurisprudenza di merito ha aperto a diverse interpretazioni pro contribuente dell’articolo del Tuir. Ad esempio, la sentenza 113/2010, della Ctr Marche, ha ritenuto che fossero presenti elementi certi e precisi nella situazione di un creditore che non aveva richiesto atti esecutivi perché il debitore era in evidente dissesto finanziario (dimostrato da perizia), per cui non sarebbe stato possibile ottenere alcuna somma.
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