Plusvalenza da cessione d’azienda. Le fonti utilizzate per il calcolo vanno allegate

Pubblicato il 16 aprile 2013 La Corte di cassazione, con ordinanza n. 9032 depositata il 15 aprile 2013, ha ribaltato la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto legittimo un atto di accertamento di maggior reddito spiccato dal Fisco nei confronti di un contribuente per asserita omessa dichiarazione della plusvalenza derivante dalla cessione della sua azienda.

Il contribuente si era rivolto ai giudici di legittimità lamentando che l’Amministrazione finanziaria, nel calcolare il valore della cessione d’azienda, avesse fatto esclusivamente riferimento al prezzo di alcune compravendite analoghe rintracciato in dei siti internet e nei giornali senza, tuttavia, allegare il sito o il ritaglio di giornale relativi.

E la Suprema corte ha aderito a tale doglianza sottolineando, in particolare, che nonostante la plusvalenza non dichiarata possa essere legittimamente accertata anche sulla base di presunzioni semplici, l'Ufficio è comunque tenuto ad indicare le fonti su cui basa il proprio calcolo dovendo, a pena di nullità, allegare anche questi specifici atti.

Ed infatti – si legge nel testo della decisione – con riferimento agli atti tributari, è possibile adempiere all'obbligo di motivazione anche “per relationem”, mediante il riferimento, ossia, a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti. L’unica condizione posta è che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che nello stesso se ne riproduca il loro contenuto essenziale.
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