Presunzione di colpa del datore che non rispetta gli obblighi di sicurezza

Pubblicato il 06 febbraio 2015 Ad avviso della giurisprudenza della Corte di Cassazione (ex multis: sentenze n. 15133/02, 9385/2001, 291/1999 delle Sezioni Unite e n. 16250, 2357/2003, 4129, 3162/2002, 14469, 5491, 1307, 602/2000, 7792/1999, 12763, 9247, 3367/1988 della Sezione Lavoro) ha natura contrattuale la responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell’obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.), che gli impone l'adozione delle misure di sicurezza e prevenzione che, "secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

Con la sentenza n. 2138 del 5 febbraio 2015, la Suprema Corte sottolinea che dalla prospettata natura contrattuale della responsabilità, la stessa giurisprudenza ricava significative implicazioni sul piano della distribuzione degli oneri probatori relativi.

Infatti, la presunzione legale di colpa - stabilita dall'art. 1218 c.c. a carico del datore di lavoro inadempiente all'obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c. - deroga parzialmente il principio generale (art. 2697 c.c.) che impone - a "chi vuoi fare valere un diritto in giudizio" – l’onere di provare i "fatti che ne costituiscono il fondamento".

Non ne risulta, tuttavia, una ipotesi di responsabilità oggettiva né la dispensa da qualsiasi onere probatorio del lavoratore danneggiato il quale resta gravato - in forza del ricordato principio generale (art. 2697 c.c.) - dell'onere di provare il "fatto" costituente inadempimento dell'obbligo di sicurezza nonché il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento stesso ed il danno da lui subito.

Esula, invece, dall'onere probatorio a carico del lavoratore - in deroga allo stesso principio generale - la prova della colpa del datore di lavoro danneggiante, sebbene concorra ad integrare la fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento (come ad ogni altro rimedio contro il medesimo inadempimento).

È lo stesso datore di lavoro, invero, ad essere gravato, ai sensi dell'art. 1218 c.c. - quale "debitore", in relazione all’obbligo di sicurezza - dell'onere di provare la non imputabilità dell'inadempimento (Cass. 25 maggio 2006, n. 12445).
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