Nei reati tributari, la quasi totale estinzione del debito fiscale deve essere considerata, in via prevalente, ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, alla luce delle modifiche normative introdotte dal Decreto Legislativo n. 87/2024.
Con la sentenza n. 22076 del 12 giugno 2025, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, si è pronunciata in tema di applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., in riferimento ai reati tributari.
Il caso esaminato
La vicenda all'esame della Suprema Corte, riguardava una contribuente condannata per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000).
Secondo l’accusa, la donna aveva presentato dichiarazioni fiscali contenenti elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture riconducibili a operazioni mai avvenute, con il fine di ottenere indebiti rimborsi IVA.
L’attività fraudolenta si era concretizzata attraverso l’inserimento nelle dichiarazioni fiscali di costi inesistenti per un ammontare tale da superare la soglia penalmente rilevante prevista dalla norma.
In sede di giudizio, il Tribunale prima e la Corte d’appello poi avevano riconosciuto la responsabilità penale dell’imputata, ritenendo che la condotta posta in essere fosse di particolare gravità e che non sussistessero i presupposti per applicare la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
La contribuente, tuttavia, aveva successivamente regolarizzato quasi integralmente la propria posizione tributaria, versando oltre il 97% del debito fiscale originariamente contestato, attraverso un piano di rateizzazione stipulato con l’Agenzia delle Entrate.
Nonostante ciò, i giudici di merito avevano omesso di valutare in modo adeguato la condotta riparatoria nel giudizio sulla tenuità del fatto, soffermandosi esclusivamente sulla rilevanza dell’importo evaso e sulla natura fraudolenta del comportamento.
Da qui il ricorso davanti alla Corte di legittimità.
La Cassazione, nel riesaminare la vicenda, ha evidenziato che, alla luce della recente modifica normativa dell’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, il comportamento successivo al reato, in particolare il quasi totale versamento del debito, rappresenta un criterio oggettivo e prevalente da considerare ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto.
I giudici di legittimità, quindi, hanno annullato con rinvio la sentenza della Corte d'appello che aveva escluso la sussistenza della tenuità, senza tenere conto della quasi totale estinzione del debito da parte dell’imputata.
Al centro della pronuncia della Corte di Cassazione si trova l’interpretazione del comma 3-ter dell’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, disposizione introdotta con il D.Lgs. n. 87/2024.
Tale norma ha introdotto un quadro valutativo specifico per orientare l’applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto nell’ambito dei reati fiscali.
La disposizione elenca una serie di elementi oggettivi, che il giudice è chiamato a considerare con priorità nel momento in cui valuta se il fatto sia penalmente irrilevante per scarsa offensività. Tra questi elementi rientrano:
Questi parametri sono stati concepiti dal legislatore come criteri guida, ai quali il giudice deve dare rilievo preminente nella valutazione dell’offensività concreta del fatto.
L’obiettivo della norma è quello di garantire una maggiore uniformità applicativa e di promuovere comportamenti collaborativi da parte del contribuente, anche successivamente alla commissione del reato.
Nel caso esaminato, come visto, la contribuente aveva già versato oltre il 97% dell’imposta contestata, con un piano di rateizzazione in corso.
La Corte d’appello, tuttavia, aveva escluso la particolare tenuità in ragione della natura fraudolenta della condotta e dell’importo richiesto a rimborso.
La Cassazione ha invece precisato che la nuova norma impone di valutare la condotta post-delictum in maniera centrale, anche in presenza di elementi oggettivamente offensivi, come l’importo dell’evasione. Tale condotta collaborativa, se attuata concretamente, può ridurre significativamente l’offensività del reato.
Rinvio per nuova valutazione
Per questi motivi, la Suprema Corte ha disposto il rinvio alla Corte d’appello, chiamata a riesaminare l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. alla luce dei nuovi criteri normativi e della condotta dell’imputata.
Di seguito i principi dettati dalla Suprema Corte:
Sintesi del caso | Una contribuente è stata condannata per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 74/2000), finalizzato all’ottenimento di indebiti rimborsi IVA. Dopo la condanna, ha versato oltre il 97% del debito tributario. |
Questione dibattuta | Se, nei reati tributari, la quasi totale estinzione del debito successiva alla commissione del reato possa giustificare l’applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), alla luce del nuovo art. 13, comma 3-ter, D.Lgs. 74/2000. |
Soluzione della Cassazione | La Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio, affermando che il giudice deve valutare in via prevalente la condotta riparatoria dell’imputato, in particolare l’entità del debito residuo. Il pagamento del 97% del debito può costituire un indice oggettivo e determinante della speciale tenuità del fatto. |
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".