Reddito di cittadinanza: reato le falsità commesse prima dell'abrogazione

Pubblicato il 14 febbraio 2024

Dopo l'intervenuta abrogazione della disciplina del reddito di cittadinanza, la sopravvenuta disposizione di cui l'art. 13, comma 3, Dl 48/2023 ha fatto comunque salva l'applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina.

Tale norma, collocata tra le disposizioni transitorie e finali, statuisce infatti che "al beneficio di cui all'articolo 1 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 7 del medesimo decreto-legge, vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023".

Sul punto le stesse Sezioni Unite della Cassazione hanno riconosciuto come il legislatore, nell'introdurre il cd. "assegno di inclusione", abbia contestualmente ed espressamente previsto che al Rdc continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 7 Dl n. 4/2019 vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023.

Giustificata deroga al principio di retroattività della lex mitior

La richiamata previsione di cui l'art. 13, comma 3, sostanzialmente, deroga al principio di retroattività della lex mitior altrimenti conseguente, ex art. 2 cod. pen., alla prevista abrogazione dell'art. 7 Dl 4/2019.

Tale deroga, tuttavia - valutabile, sul piano del rispetto delle garanzie costituzionali, esclusivamente con riguardo di principi ricavabili dall'art. 3 Cost. e della disciplina ricavabile dalle convenzioni internazionali - non presta il fianco a censure, essendo indubbiamente sorretta da una del tutto ragionevole giustificazione.

Essa, infatti, assicura tutela penale all'erogazione del reddito di cittadinanza, in conformità ai presupposti previsti dalla legge, sin tanto che è possibile continuare a fruire di tale beneficio.

La stessa deroga, del resto, si coordina:

E' quanto osservato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 5999 del 12 febbraio 2024, in linea, peraltro, con altre due pronunce pubblicate dagli Ermellini solo pochi giorni prima (sentenze n. 5163 e 5151 del 6 febbraio 2024).

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