Regime di adempimento collaborativo. Chiarimenti Entrate

Pubblicato il 23 luglio 2021

L’Agenzia delle Entrate ha diffuso la risoluzione n. 49/2021 del 22 luglio, con la quale chiarisce in dettaglio, alla luce del provvedimento del 26 maggio 2017, la gestione delle interlocuzioni fra contribuente e Agenzia nell’ambito dell’adempimento collaborativo.

Il regime di Adempimento collaborativo, anche noto come Cooperative compliance, ha l’obiettivo di instaurare un rapporto di fiducia tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti.

Tale fine è perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali.

Si vuole, infatti, cercare di favorire un utile contraddittorio ex ante fra contribuente e ufficio, al fine di ridurre i rischi fiscali attraverso una costante gestione preventiva.

Cooperative compliance, rapporto tra funzionari e contribuenti. Istruzioni operative

Il capo II del suddetto provvedimento riguarda lo svolgimento della procedura fra funzionari preposti e contribuente.

Esso detta una disciplina unitaria delle interlocuzioni prevedendo che le stesse siano gestite dai funzionari preposti che operano come punto di contatto del contribuente presso l’Ufficio competente:

Le modalità dell’interlocuzione, in seno al regime, assumono diverse forme e si esplicano attraverso diversi canali.

Con la risoluzione n. 49/E72021, l’Agenzia delle Entrate specifica che i contribuenti che aderiscono al regime di adempimento collaborativo possono avviare interlocuzioni con l’Ufficio anche attraverso strumenti alternativi all’interpello abbreviato disciplinato dall’articolo 6, comma 2, del Dlgs n. 128/2015 e dal Dm del 15 giugno 2016.

Il tutto per aiutare il contribuente nella risoluzione delle problematiche tributarie di carattere più operative.

Si tratta, infatti, di una modalità di interazione più snella e informale.

Da un punto di vista operativo, ciò significa che queste comunicazioni possono:

Di fatto, tali nuove forme di interlocuzione con il Fisco non sono soggette ai termini perentori di risposta previsti per le istanze di interpello, pena la formazione del silenzio assenso.

Fermo restando, in ogni caso, l’impegno dell’ufficio a formalizzare il parere nel minor tempo possibile (la mancata notifica della risposta non determina, pertanto, la formazione del silenzio assenso). Inoltre, non devono, come succede per gli interpelli, essere obbligatoriamente pubblicate (salvo che le esigenze di trasparenza non rendano opportuna la pubblicazione sotto forma di principio di diritto).

Tali richieste di interlocuzione devono essere chiare ed esaustive, transitando tramite Pec o processo verbale di contraddittorio protocollato.

Infine, precisa l’Agenzia, il contribuente può effettuare anche comunicazioni “non qualificate”, vale a dire comunicazioni di fatti, atti o eventi aziendali non suscettibili di generare, dal proprio punto di vista, uno specifico rischio fiscale. Queste non innescano un’“interlocuzione preventiva”, ma possono costituire il presupposto per l’avvio di eventuali, successivi, approfondimenti istruttori d’iniziativa e non danno diritto alla riduzione delle sanzioni.

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