Reperibilità notturna in sede: è orario di lavoro e va retribuita adeguatamente

Pubblicato il 24 aprile 2025

Secondo la normativa dell’Unione europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia e recepita nell’ordinamento italiano, il tempo di lavoro e il tempo di riposo sono due concetti distinti e incompatibili tra loro: un periodo può essere classificato solo come l’uno o l’altro.

Di conseguenza, il turno di pernottamento obbligatorio presso il luogo di lavoro, anche se non comporta un’attività lavorativa effettiva, deve essere considerato orario di lavoro e, come tale, deve essere retribuito in modo adeguato.

Tale retribuzione deve rispettare i principi di proporzionalità e sufficienza, previsti dall’articolo 36 della Costituzione italiana, a tutela della dignità del lavoratore.

Reperibilità notturna con pernottamento: è orario di lavoro, retribuzione adeguata 

E' il principio enunciato dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con l'ordinanza n. 10648 del 23 aprile 2025, pronunciata in materia di orario di lavoro e diritto alla retribuzione, con riferimento al regime di reperibilità notturna presso il luogo di lavoro.

La pronuncia accoglie parzialmente il ricorso di un lavoratore dipendente di una cooperativa sociale, riconoscendo che l’obbligo di pernottare nei locali aziendali in regime di reperibilità configura orario di lavoro ai sensi del diritto unionale, con conseguente necessità di una retribuzione conforme al principio costituzionale di proporzionalità e sufficienza (art. 36 Cost.).

Contesto del caso  

La controversia trae origine da una domanda del lavoratore, dipendente con inquadramento al 5° livello del CCNL per le Cooperative Sociali, volta ad ottenere il riconoscimento della retribuzione per turni di reperibilità notturna svolti per due notti a settimana, a seguito del turno pomeridiano.

Il lavoratore aveva lamentato di non aver ricevuto il corretto compenso per le 48 ore settimanali complessivamente prestate.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, riconoscendo il diritto al pagamento di straordinari.

La Corte d’Appello aveva riformato la decisione, inquadrando la fattispecie nell’ambito dell’art. 57 del CCNL, che disciplina la reperibilità con un’indennità fissa mensile e senza computo di tali ore ai fini dell’orario lavorativo.

La decisione della Corte di Cassazione  

La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, accogliendo, in parte, i motivi di ricorso del dipendente.

La Cassazione ha fondato la propria decisione su due argomentazioni giuridiche fondamentali.

Nozione di orario di lavoro

In primo luogo, la Corte ha richiamato l’interpretazione del concetto di “orario di lavoro” secondo il diritto dell’Unione Europea, ed in particolare secondo quanto stabilito dalla Direttiva 2003/88/CE.

Tale normativa definisce l’orario di lavoro come qualsiasi periodo in cui il lavoratore si trovi a disposizione del datore di lavoro, svolgendo le proprie mansioni o rimanendo comunque pronto ad intervenire nell’ambito delle attività assegnate. Questo implica che anche il tempo di reperibilità con obbligo di permanenza presso la sede lavorativa può rientrare a pieno titolo nella nozione di orario lavorativo.

Retribuzione adeguata

In secondo luogo, la Corte ha fatto riferimento al principio costituzionale di adeguatezza della retribuzione, sancito dall’articolo 36 della Costituzione.

Questo principio impone che ogni lavoratore abbia diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, e comunque sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa. La Suprema Corte ha quindi ribadito che tale principio deve essere rispettato anche in presenza di disposizioni contrattuali collettive, le quali non possono derogare al livello minimo di tutela garantito dalla Costituzione.

Principi giurisprudenziali richiamati  

Nella decisione, la Cassazione ha fatto richiamo alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (tra cui le sentenze pronunciate relativamente alle cause C-303/98, C-151/02, C-518/15, C-344/19, C-580/19), sottolineando che anche nei casi in cui non si svolge attività lavorativa effettiva, la disponibilità obbligatoria presso il luogo di lavoro determina una compressione della libertà personale tale da rendere quel tempo orario di lavoro a tutti gli effetti.

Per la Corte di legittimità, inoltre, la distinzione tra orario di lavoro e periodo di riposo, secondo il diritto UE e italiano, non implica che la reperibilità notturna debba essere pagata come straordinario, ma esige comunque un'adeguata valorizzazione economica.

Nella specie, tuttavia, la Corte territoriale non aveva valutato se il compenso previsto dal CCNL per la reperibilità notturna fosse conforme al principio costituzionale di retribuzione proporzionata e dignitosa.

Rinvio per un nuovo esame

La Cassazione, quindi, ha rinviato alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie, specificando che:

Conclusione  

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale che rafforza la tutela del lavoratore in regime di reperibilità, riconoscendo la necessità di valorizzare anche il tempo di mera disponibilità, se prestato in forma limitativa della libertà personale.

Questo principio è di fondamentale importanza per tutte le realtà che si avvalgono di sistemi di turnazione con reperibilità presso le strutture, ponendo l’attenzione sul rispetto dei diritti retributivi minimi garantiti sia dal diritto nazionale che da quello dell’Unione Europea.

Principio di diritto

Di seguito il principio di diritto enunciato nell'ordinanza n. 10648/2025:

“in base alla normativa dell’Unione europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia e come attuata nella normativa italiana, la definizione di “orario di lavoro” va intesa in opposizione a quella di “riposo”, con reciproca esclusione delle due nozioni; l’obbligo, per il lavoratore, di svolgere turni di pernottamento presso il luogo di lavoro, anche se non determinante interventi di assistenza, va considerato orario di lavoro e deve essere adeguatamente retribuito; la retribuzione dovuta per tali prestazioni deve essere conforme ai criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall'art. 36 Cost.".

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Un lavoratore dipendente da una cooperativa sociale ha svolto turni settimanali comprensivi di reperibilità notturna con obbligo di pernottamento presso la struttura, superando l’orario settimanale ordinario di lavoro stabilito in 38 ore settimanali. Ha chiesto il pagamento di straordinari non corrisposti.
Questione dibattuta Se i turni di reperibilità notturna con obbligo di presenza fisica presso il luogo di lavoro possano essere qualificati come orario di lavoro ai sensi della normativa europea e nazionale, con conseguente diritto alla retribuzione.
Soluzione della Cassazione La Corte ha stabilito che tali turni devono essere qualificati come orario di lavoro, anche in assenza di attività concreta, e che la retribuzione deve rispettare i principi di proporzionalità e sufficienza di cui all’art. 36 Cost.
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