Ai fini della configurabilità della responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001, il reato presupposto deve essere stato commesso da:
La responsabilità dell’ente può essere affermata solo quando risultano congiuntamente presenti:
Solo in presenza di tali presupposti è possibile ritenere che l’ente risponda per un fatto proprio, e non per un comportamento penalmente rilevante ascrivibile esclusivamente a un soggetto terzo.
Lo ha chiarito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 19096 depositata il 22 maggio 2025, nel ribadire la centralità del rapporto qualificato tra autore del reato ed ente.
In mancanza di tale collegamento, il reato non può essere imputato all’ente nemmeno sotto il profilo oggettivo.
La Corte ha chiarito che il rapporto tra l’ente e il soggetto agente deve rientrare in una delle ipotesi previste:
Tale inquadramento è determinante anche per accertare l’eventuale colpa di organizzazione, cioè la mancata adozione di modelli idonei a prevenire reati della stessa specie.
Nel caso esaminato, la Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello aveva omesso di qualificare in modo chiaro il ruolo soggettivo dell’imputato all’interno dell’ente.
Le affermazioni generiche rese in giudizio non consentivano di stabilire se il soggetto rientrasse in una delle categorie previste dall’art. 5 del decreto, né quale di tali categorie potesse essere effettivamente rilevante.
Da qui l'annullamento della sentenza di merito impugnata, con rinvio per un nuovo esame della vicenda.
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