Ogni procedura di revisione del classamento deve rispettare il principio di legalità e trasparenza, richiedendo motivazioni coerenti con l’ipotesi normativa invocata.
In particolare, per le revisioni operate ex Legge n. 311/2004, art. 1, comma 335, l’atto di riclassamento deve motivare non solo l’aumento del valore medio della microzona, ma anche spiegare come tale incremento incida concretamente sulla singola unità immobiliare.
Lo ha puntualizzato la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con ordinanza n. 17352 del 27 giugno 2025, nel cui testo ha provveduto a ricapitolare le tre distinte ipotesi di revisione del classamento catastale degli immobili urbani previste dal nostro ordinamento, specificando i relativi presupposti normativi, le procedure applicabili e i vincoli motivazionali a cui è tenuta l’amministrazione.
Nel sistema catastale italiano - si legge nella disamina della Cassazione - l’amministrazione comunale può promuovere la revisione del classamento di un’unità immobiliare urbana secondo tre ipotesi distinte, ciascuna disciplinata da una diversa fonte normativa e caratterizzata da differenti presupposti e procedure.
Il Comune può richiedere l’intervento dell’Agenzia delle Entrate quando:
La revisione ha natura puntuale e si basa su elementi intrinseci dell’immobile.
Si applica a:
Anch’essa riguarda fattori intrinseci e specifici dell’unità immobiliare.
Interviene quando vi è un aumento straordinario del valore economico medio degli immobili in una determinata microzona.
I presupposti sono:
La revisione ha quindi natura collettiva ed è legata a fattori estrinseci.
Nel contesto della revisione del classamento catastale su iniziativa dell'amministrazione comunale, è fondamentale osservare una rigorosa separazione tra le diverse ipotesi previste dalla normativa. Ciascuna delle tre tipologie di intervento si fonda, infatti, su presupposti specifici, possiede una propria finalità giuridica (causa petendi) e richiede un distinto percorso procedurale e motivazionale.
Per questo motivo, non è consentito all’amministrazione fondare la legittimità di una determinata procedura di revisione invocando, in sede amministrativa o contenziosa, elementi o motivazioni riconducibili a un'altra fattispecie normativa. Ogni ipotesi di revisione deve essere giustificata esclusivamente sulla base dei presupposti e delle condizioni che ne disciplinano l’applicazione.
Di conseguenza, l’avviso di accertamento mediante il quale viene comunicata la revisione del classamento deve riportare in modo completo, specifico e razionale le ragioni dell’intervento. Tale obbligo motivazionale comprende anche l’indicazione chiara e puntuale sia del fondamento normativo adottato, sia dei fatti concreti che giustificano l’atto. L’assenza o l’inadeguatezza di tali elementi può determinare l’illegittimità dell’intervento amministrativo.
Per quanto concerne il classamento ex comma 335, la Cassazione spiega che non è sufficiente la semplice evoluzione del mercato o la richiesta del Comune.
È necessaria una valutazione comparativa fondata su quattro parametri:
Il contribuente, in tale contesto, deve essere messo in condizione di controllare e contestare la sussistenza dei presupposti applicativi.
In rilievo le caratteristiche specifiche dell'unità immobiliare
Per la Corte, in particolare, quando la revisione del classamento è effettuata ai sensi dell’art. 1, comma 335, della Legge n. 311/2004, e si fonda sull’incremento significativo del valore degli immobili in una determinata microzona, l’amministrazione deve comunque tenere conto, nella determinazione della nuova classe e rendita catastale, anche delle caratteristiche edilizie specifiche dell’unità immobiliare.
Pertanto, l’atto di riclassamento deve contenere una motivazione articolata che, oltre a giustificare la sussistenza del presupposto generale (l’aumento del valore medio della microzona), espliciti in modo chiaro in che modo tale incremento ha inciso sul singolo immobile oggetto della revisione, specificando le ragioni della nuova attribuzione di classe e rendita catastale.
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