Riscossione sotto accusa

Pubblicato il 29 ottobre 2011 Sulla questione della legittimità costituzionale dell’articolo 85, comma 1 del Dpr 29 settembre 1973, n. 602 - recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito - in base al quale lo Stato acquisisce l'immobile del debitore qualora il terzo incanto abbia, nonostante le previste riduzioni di prezzo, esito negativo, versando il minor importo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede alla riscossione, la Corte costituzionale ha risposto con sentenza n. 281 del 28 ottobre 2011, accogliendo parzialmente il rilievo.

L'incostituzionalità dell'articolo in parola è limitata alla parte in cui si prevede che l’assegnazione allo Stato abbia luogo “per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede”, anziché “per il prezzo base del terzo incanto”.

I giudici della Consulta hanno accolto le rimostranze dei giudici a quibus, affermando che la norma deve definirsi irragionevole dal momento in cui fissa, per il prezzo del trasferimento dell'immobile, un ammontare disgiunto totalmente dal valore del bene e che può essere anche irrisorio, considerando che il fine del trasferimento immobiliare è il soddisfacimento dei creditori.

Per ovviare, è necessario eliminare il riferimento al “criterio del minor prezzo” e applicare a tutte le ipotesi di assegnazione dell’immobile allo Stato il prezzo base del terzo incanto, se andato deserto.

L'emanazione della sentenza n. 281/2011, acquista rilievo nell'ambito delle discussioni aperte in questi giorni circa un indiscriminato potere dell'Amministrazione finanziaria in sede di riscossione dei crediti: il riferimento è soprattutto all'aggio pari al 9% che il creditore, destinatario della cartella esattoriale, deve ad Equitalia.
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