Ritenute omesse, non conta per quanti lavoratori

Pubblicato il 05 agosto 2020

Con riferimento al reato di omesso versamento delle ritenute, la prova dell'effettiva corresponsione della retribuzione non è configurabile in assenza del materiale esborso delle somme dovute al dipendente a titolo di retribuzione

Detta corresponsione, tuttavia, può essere desunta dalle prove documentali, nella specie modelli DM10, buste paga, copie aziendali che attestino le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi previdenziali verso l'INPS, salvo prova contraria.

In ogni caso, è privo di rilievo il numero dei lavoratori ai quali si riferisce la condotta omissiva penalmente sanzionata: la fattispecie, infatti, si perfeziona nella entità della somma annualmente non versata, indipendentemente dal numero dei dipendenti cui l'omissione è riferita.

In detto contesto, grava sulla difesa dell’imputato fornire la prova del mancato versamento della retribuzione a taluno dei dipendenti o dedurre la specifica circostanza impeditiva del perfezionamento del reato.

Omesse ritenute previdenziali ed assistenziali: sì a prove documentali e per testi

Sono questi i principi di diritto ribaditi dalla Corte di cassazione in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali.

Gli Ermellini, con sentenza n. 23185 del 30 luglio 2020, hanno confermato la condanna penale impartita dai giudici di merito nei confronti dell’imputato, accusato di aver omesso di versare all'INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni operate ai dipendenti.

In particolare, hanno ritenuto che la Corte di appello, alla luce dei principi sopra ricordati, avesse correttamente desunto la prova dell'avvenuta corresponsione della retribuzione sulla base della presentazione di prove documentali e testimoniali.

Non rileva il numero dei lavoratori coinvolti ma l'entità della somma non versata

Per contro, è stata considerata priva di pregio la doglianza avanzata dalla difesa dell’imputato, il quale lamentava che i giudici di gravame non avevano detto nulla in ordine alla verifica a campione eseguita su dieci lavoratori a fronte dei duecento presenti in azienda.

La prova del reato - ha sottolineato la Terza sezione penale della Cassazione - era stata desunta, sia sotto l'aspetto dell'elemento soggettivo che dell'elemento oggettivo, dalla testimonianza dell'ispettore dell'INPS e dalla trasmissione della documentazione all'Ente previdenziale, dalle copie conservate in azienda, dalle buste paga consegnate ai lavoratori, tutte attestanti l'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali da parte del ricorrente.

Inoltre, la somma delle ritenute omesse e non versate superava ampiamente la soglia di punibilità prevista ex lege per ciascun anno di riferimento.

In definitiva – si legge nella decisione – “anche se la Corte avesse ritenuto la verifica a campione non sufficiente, non essendo la testimonianza l'unica prova prodotta dalla pubblica accusa, la stessa non avrebbe comunque inciso sulla decisione, il reato difatti risultando già integrato nei suoi elementi costitutivi, sempre salvo prova contraria”.

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