Ultima sentenza di Cassazione su usucapione, interversione della detenzione e possesso uti dominus.
I giudici di legittimità si sono pronunciati nell’ambito di un giudizio in cui gli attori avevano chiesto che venisse accertato e dichiarato, in loro favore, l'acquisto della proprietà per usucapione di un complesso immobiliare, in origine acquistato dalla madre delle convenute attraverso il fratello, in qualità di procuratore, padre degli attori.
Mentre il Giudice di prime cure aveva accolto la domanda principale degli attori, rigettando le domande riconvenzionali delle convenute di rilascio degli immobili, la Corte d’appello aveva ribaltato il verdetto e rigettato la domanda di acquisto della proprietà per usucapione, accogliendo, per contro, quella di rilascio.
Da qui il ricorso in sede di legittimità da parte di chi vantava l’acquisto per usucapione e che lamentava, tra altri motivi, il fatto che la Corte d'appello non avesse ritenuto gli interventi edilizi operati dal loro dante causa sugli immobili, per i quali era anche stato richiesto un condono edilizio, come idonei a provare il possesso uti dominus.
Con ordinanza n. 24848 del 4 ottobre 2019, la Suprema corte ha giudicato infondato il ricorso e, con particolare riferimento a detto ultimo motivo, ha ritenuto incensurabile l’apprezzamento operato dai giudici di secondo grado.
La valutazione della Corte d'appello era motivato dal fatto che gli indicati lavori di ristrutturazione non erano valsi ad operare l'interversione della detenzione in possesso posto che il loro dante causa, nel richiedere la sanatoria per le opere realizzate, aveva dichiarato di avere la disponibilità degli immobili "a titolo gratuito".
Con questa stessa dichiarazione, infatti, egli aveva escluso da solo che le opere da lui realizzate fossero segno della volontà di comportarsi uti dominus.
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