La Cassazione ha depositato ieri una decisione in tema di onere della prova a carico chi lamenti di aver subito, in conseguenza di un sinistro, una riduzione della capacità lavorativa e domandi di essere risarcito anche del danno patrimoniale futuro.
Con ordinanza n. 24209 del 30 settembre 2019, la Terza sezione civile ha, in primo luogo, sottolineato che il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, deve essere valutato su base prognostica.
In detto contesto - ha ammesso la Corte - il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici.
Così, una volta provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura, qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa.
Tuttavia, tale presunzione copre esclusivamente l’”an” dell’esistenza del danno.
Per quanto riguarda la quantificazione del pregiudizio, invece, spetta al danneggiato provare la contrazione dei suoi redditi dopo l’incidente; non può, infatti, il giudice, in mancanza di prova, esercitare il potere di cui all’articolo 1226 c.c., valutando, ossia, il danno equitativamente.
Difatti, detta ultima previsione riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, normalmente, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, quindi, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito.
Quando invece risulti che la vittima, in conseguenza del sinistro, sia totalmente incapace di attendere ad altre occupazioni ed abbia dato prova della misura dei redditi percepiti fino alla data dell’incidente, è compito del giudice di merito, ricorrendo alle presunzioni e al criterio equitativo, determinare la sussistenza del danno patrimoniale subito, dando conto, in motivazione, di un coerente esame delle evidenze processuali.
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