Specializzazioni forensi. Dal Consiglio di Stato, aspetti da rivedere

Pubblicato il 29 novembre 2017

Il Consiglio di Stato, Sezione quarta, ha respinto il ricorso proposto dal ministero della Giustizia, avverso la statuizione del Tar Lazio che aveva sancito la parziale bocciatura del regolamento ex D.m. Giustizia n. 144/2015, recante disposizioni per il conseguimento ed il mantenimento del titolo di avvocato specialista.

In tale contesto, il Collegio amministrativo ha parimenti analizzato i controricorsi incidentali proposti da Associazioni di categoria ed Ordini professionali (Oua, Anf, Anai, Ordine degli Avvocati di Roma, Napoli e Palermo), che si erano anch’essi opposti all’impianto normativo in fatto di specializzazioni forensi.

Colloquio aspirante specialista: contorni vaghi ed imprecisi

Diverse - ad esito di un’articolata analisi - sono le censure rilevate dal Consiglio. Tra di esse, ad esempio, non merita condivisione la modalità di impostazione del colloquio (cui è sottoposto l’avvocato aspirante specialista), così come delineata nel regolamento impugnato, in quanto dai contorni troppo vaghi ed imprecisi. Al punto che non risulta sufficientemente tutelato né l’interesse del professionista aspirante al titolo, né, per altro verso, l’interesse del cliente, che nella speciale qualificazione attestata dal titolo, deve poter riporre ragionevole affidamento.

Suddivisione settori di specializzazione: irragionevole ed arbitraria

Altra questione all’esame, l’elenco dei settori di specializzazione nei quali l’avvocato può conseguire il titolo di specialista (ex art. 3 Regolamento); una suddivisione che i Giudici amministrativi ritengono palesemente irragionevole ed arbitraria, nonché omissiva di determinate discipline giuridiche. In particolare, l’elenco di discipline prende le mosse dalla tradizionale tripartizione tra diritto civile, penale ed amministrativo, per poi dilatarsi ampiamente nel primo (civile) e non introdurre alcuna differenziazione nell’ambito degli altri due (penale ed amministrativo); laddove invece è noto che, quantomeno il diritto amministrativo, conosce dei sotto – settori autonomi che meriterebbero di essere considerati autonomamente. Mentre, per converso, appare parimenti discutibile, in termini di ragionevolezza, la “analitica” suddivisione del diritto civile.

In altri termini, dunque, la previsione impugnata – si legge nella sentenza n. 5575 del 28 novembre 2017 - sembra presentare una intrinseca incoerenza laddove sceglie criteri simmetricamente diversi nella individuazione delle articolazioni interne ai settori. E proprio per questa impossibilità di ricostruire il criterio ordinatore dei settori di specializzazione, si sollecita un ripensamento della disciplina, mediante introduzione di parametri ancorati a criteri di effettività, congruità e ragionevolezza.

Sì alle competenze esclusive Cnf, no all’illecito disciplinare

Respinta l’asserita illegittimità della previsione regolamentare che attribuisce competenze esclusive al Cnf, per il conferimento e la revoca del titolo. Da ultimo, è invece fondata la censura avverso la previsione in regolamento di una fattispecie di illecito disciplinare (art. 2 D.m. 144/2015), per cui è punito “l’avvocato che spende il titolo di specialista senza averlo conseguito”, in quanto la violazione è già contemplata nel Codice deontologico forense, artt. 35 e 36.

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