L’attenzione del legislatore, nell’ultimo ventennio, si è concentrata quasi esclusivamente sull’amministrazione e sul controllo delle società di capitali incidendo in maniera consistente sulle norme in vigore. In questo arco temporale, il panorama normativo, specchio del contesto economico e sociale, preoccupandosi di eliminare o quantomeno arginare i danni scaturenti da gestioni d’impresa con elevati indici di criticità, nonostante risultati non sempre corrispondenti a quelli attesi, ha fatto percepire un abbandono dell’interesse per le altre forme collettive quali le società di persone.
Le società di persone, nelle quali più del capitale è prevalente l'aspetto soggettivo dei loro soci, ancora oggi sono il baluardo di importanti aziende che, per storicità d’immagine ed onorabilità, non hanno mai optato per forme di società di capitali. Difatti, in tali società, molto importante è l’aspetto riguardante la responsabilità dei soci che, a differenza delle società di capitali, è illimitata. Unica eccezione a tale regola è rinvenibile, in linea di principio, nella figura del socio accomandante.
L’assenza di una rivolta attenzione del legislatore societario a tali enti collettivi non ha impedito una consistente evoluzione delle società di persone sul piano della normativa applicabile. Infatti, con la riforma societaria del 2003, è stata prevista la possibilità per tali imprese di transitare in forme societarie di matrice capitalista, con deliberazione adottata dalla maggioranza dei soci, determinata secondo la partecipazione di ciascuno di essi alla divisione degli utili. Ulteriore prova di quanto detto è la possibilità concessa alle società di capitali di partecipare alle società di persone, con nomina, da parte di quest’ultime, di un amministratore persona giuridica.
Con il proliferare dei fenomeni di crisi d’impresa e la presenza di negatività causate dagli eventi pandemici da Covid-19, eventi che nel prossimo futuro faranno registrare situazioni al limite della criticità, il legislatore si è preoccupato di porre un rimedio con l’emanazione di provvedimenti a ciò finalizzati.
Difatti, a partire dal 16 marzo 2019 (data di entrata in vigore di alcune norme previste dal D. Lgs 14/20219 – Nuovo codice della crisi e dell’insolvenza) e ai sensi del nuovo testo dell’art. 2086 c.c., anche gli amministratori delle società personali dovranno adoperarsi per adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche al fine di rilevare tempestivamente lo stato di crisi e di perdita della continuità aziendale nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Tali rilevanti novità implicano che l’organizzazione interna delle società di persone, diversamente da quanto avvenuto in precedenza, debba essere il risultato di processi decisionali ben definiti e tracciabili, le cui scelte o la cui mancata attuazione rappresentano il criterio di valutazione della responsabilità degli amministratori.
Antecedentemente all’entrata in vigore del nuovo articolo 2086 del codice civile, l’amministratore aveva l’obbligo di gestire l’impresa con la diligenza richiesta; alcuni obblighi oggi imposti dalla legge rappresentavano le modalità di assolvimento dell’incarico ricoperto (tenuta della contabilità, controllo interno e gestione di eventuali criticità).
Il D.lgs. n. 14/2019, che introduce il nuovo codice sulla crisi d’impresa e dell’insolvenza, modifica in maniera importante alcune norme del codice civile in ambito societario in vigore dal 16 marzo 2019, anche in virtù di quanto osservato dalla dottrina secondo cui “non si può fare impresa senza una pianificazione aziendale, intesa come individuazione degli obiettivi strategici, anche se non formalizzata in un documento”.
Tutto quanto fin qui detto ha trovato puntuale codifica e regolamentazione nel decreto legislativo sopra menzionato.
Difatti, il dovere gravante in capo all’organo ammnistrativo di predisporre “assetti adeguati”, giusta il rinvio all’art. 2086, secondo comma, non è suscettibile di deroga o di limitazioni da parte dell’autonomia statutaria, trattandosi di una norma la cui l’imperatività, in questo contesto, risulta coerente con la stretta relazione di complementarità che intercorre tra impresa e programma.
Ciò sta a significare che quest’ultima, collocata a tutela dell’interesse generale, non è volta solo a rilevare tempestivamente situazioni di crisi, ma anche a promuovere ed incentivare una migliore gestione dei rischi, dell’organizzazione e dei procedimenti decisionali interni al fine di evitare o quantomeno attenuare gli effetti di potenziali eventi negativi non immediatamente percepibili.
Il nuovo articolo 2086 del codice civile, così come introdotto dall’articolo 375 del NCCI (Nuovo codice della crisi e dell’insolvenza), rubricato ”Gestione dell'impresa”, prevede che:
“L'imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Sostanzialmente la norma, diversamente dal passato, impone all’amministratore di società di persone specifiche regole e specifici doveri di governance.
Tali doveri possono essere così riassunti:
E’ di tutta evidenza che le nuove regole, come già in precedenza anticipato, implicitamente riconducibili alla condotta dell’organo amministrativo delle società di persone, con la loro esplicita codifica, hanno introdotto principi idonei ad incidere sulle responsabilità dell’organo gestorio.
Risulta necessario che l’organo amministrativo acquisisca contezza della portata innovatrice della norma al fine di potersi adeguatamente conformare al dettato normativo e svolgere al pieno l’incarico ricevuto.
Difatti, le nuove norme hanno creato figure di reato ravvisabili in comportamenti di natura principalmente omissiva.
Il primo degli obblighi imposto dall’articolo 2086 del codice civile all’organo ammnistrativo è quello di “istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili”, ossia quel complesso di regole utili e necessarie ad individuare:
Si conviene con quanto sostenuto da autorevole dottrina nel ritenere che tali modelli non siano individuabili a priori né tantomeno codificabili nell’atto costitutivo.
Invero, trattasi di criteri che non consentono di cristallizzare una scelta, essendo essa in continua evoluzione.
Ciò comporterebbe, pur avendo l’organo amministrativo tempestivamente adempiuto a tali obblighi, che gli stessi potrebbero successivamente risultare inadeguati al cambiamento delle condizioni rispetto a quelle inizialmente considerate.
Ecco la motivazione per cui nella norma è stato introdotto l’aggettivo “adeguato”.
In realtà, tale richiamo all’adeguatezza è da intendersi per le considerazioni appena espresse, che il sistema
Così interpretato l’aggettivo “adeguato”, si giunge alla conclusione che l’adeguatezza del sistema di controllo implementato nell’impresa è condizionato dalla natura e dalle dimensioni della stessa.
Non da ultimo, è da considerare che nelle piccole realtà, ed in particolar modo in quelle a connotazione personale, la valutazione dell’istituzione degli assetti o della sua adeguatezza è demandata esclusivamente all’organo amministrativo.
L’articolo 2086 del codice civile, come riformulato dall’articolo 375 del NCCI ha previsto, altresì, che:
Dal tenore della norma si percepisce che l’attuazione di tale dovere, ossia il costante monitoraggio dei conti aziendali, sia un distinto onere dell’organo ammnistrativo.
Ciò avviene con l’implementazione di adeguati strumenti di allerta. Quest’ultimi sono disciplinati da un complesso di regole che stabiliscono al verificarsi di quali eventi sia necessario ricorrere ad una tempestiva adozione di misure utili al superamento della crisi.
Può inoltre risultare utile procedere ad una periodica analisi di evidenze idonee ad intercettare eventuali segnali di cambiamento.
Tali circostanze, se adeguatamente valutate, potrebbero rappresentare importanti elementi da considerare ed eventualmente affrontare adottando le necessarie misure correttive.
Come anticipato, nelle imprese di minori dimensioni, ed in particolare in quelle a connotazione personale, le evidenze potranno essere acquisite anche per vie brevi o con contatti diretti intrattenuti con i responsabili di settore.
Si ritiene, concordando con quanti hanno espresso le stesse considerazioni, che il dovere più importante posto a carico dell’organo amministrativo, al venir meno del quale possano ravvisarsi responsabilità gestorie, sia da individuarsi nell’adozione e nell'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Qualora l’organo gestorio di una società di persone, in considerazione delle peculiarità evidenziate, non adotti modifiche al sistema di controllo esistente, anche se non rispondente ai doveri di cui all’artico 2086 del codice civile, si ritiene sia indenne da responsabilità qualora tale scelta si sia rivelata idonea alla emersione di sintomi di crisi ed al suo successivo superamento mediante l’adozione di uno degli strumenti previsti.
Difatti, si ritiene che l’obiettivo della norma non sia quello di imporre uno strumento rigido e standardizzato ma elastico e versatile, che esita e funzioni.
E’ utile segnalare che la semplice implementazione di un sistema di controllo non esime da responsabilità l’organo ammnistrativo qualora, all’occorrenza, tale sistema non sia stato in grado di fornire le informazioni necessarie ad evitare la tardiva adozione delle misure necessarie.
L’articolo 377, comma 1, del NCCI prevede che all'articolo 2257 del c.c., il primo comma è sostituito dal seguente: “La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri (…)”.
Il testo sopra riprodotto è quello in vigore successivamente agli interventi correttivi con i quali sono stati eliminati i riferimenti all’esclusività della gestione in capo agli amministratori che aveva suscitato un acceso dibattito dottrinario.
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