Sulle società di comodo caccia alla linea di difesa

Pubblicato il 13 marzo 2009 Le società di comodo che vogliono presentare l’istanza di interpello disapplicativo, per non adeguarsi in Unico ai valori di redditività richiesti per le società non operative, hanno tempo fino al 18 marzo, se il versamento delle imposte derivanti da Unico 2009 avviene entro il 16 giugno. Mentre, l’interpello può essere presentato fino al 17 aprile per chi prevede di eseguire il versamento delle imposte, con la maggiorazione degli interessi dello 0,40%, entro il 16 luglio. Secondo quanto disposto dall’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/73, che regola la disciplina dell’interpello per le società di comodo, la risposta dell’agenzia delle Entrate a questo tipo di interpello deve arrivare entro 90 giorni dalla proposizione dell’istanza. Per i soggetti che negli scorsi anno non si sono adeguati ai valori minimi sono giunti i primi accertamenti da parte del Fisco. A tal proposito, può essere utile capire quale può essere la linea difensiva per il contribuente. Anche se è opportuno inquadrare la norma tra le finalità antielusive, sembra più realistico affermare che la disciplina delle società di comodo debba essere inquadrata tra le disposizioni di carattere presuntivo. In particolare, si parte dalla presunzione che sono non operativi i soggetti che non superano il cosiddetto “test di operatività”, a cui si aggiunge un’altra presunzione, secondo cui i soggetti ritenuti di comodo dovrebbero dichiarare un determinato reddito minimo. Si tratta di una duplice presunzione legale, che spesso ha richiesto anche l’intervento dei giudici di merito per via del fatto che si potrebbe invocare il divieto di doppia presunzione. Pertanto, potrebbe essere sufficiente soffermarsi sulla prima presunzione e cioè sul fatto di presumere che si tratti di soggetto non operativo. A sua volta, il contribuente, di fronte a tale presunzione, potrebbe dimostrare di essere un soggetto operativo, in quanto svolge effettivamente un’attività secondo la funzione economica propria dell’impresa. Ma per far valere la prova contraria è opportuno addurre elementi di fatto che possono smontare le logiche presuntive.
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