L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 302 del 4 dicembre 2025, ha chiarito il corretto trattamento fiscale dei rimborsi erogati ai dipendenti per spese relative all’utilizzo del taxi in Italia, quando il pagamento del servizio avviene in contanti.
L’intervento assume particolare rilevanza per le amministrazioni pubbliche e per i datori di lavoro che gestiscono trasferte e missioni dei dipendenti.
Un Ministero ha richiesto un chiarimento in merito al regime fiscale applicabile ai rimborsi relativi a tre missioni svolte da una dipendente, durante le quali il taxi utilizzato nel territorio nazionale è stato pagato in contanti.
L’ente ha domandato se tali rimborsi debbano essere considerati reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e, di conseguenza, assoggettati a ritenuta.
L’Agenzia delle Entrate, nel fornire la risposta n. 302 del 4 dicembre 2025, parte dall’analizzare l’articolo 51 TUIR, che disciplina la determinazione del reddito di lavoro dipendente. Il comma 1 stabilisce il c.d. principio di onnicomprensività, secondo il quale costituiscono reddito tutte le somme percepite dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro.
Il comma 5 regola specificamente il trattamento delle indennità e dei rimborsi per trasferte o missioni fuori dal territorio comunale, che nell’ultima parte prevede che i rimborsi di spese relative a viaggi e trasporti, tra cui i servizi taxi classificati come autoservizi pubblici non di linea ai sensi della Legge 15 gennaio 1992, n. 21,
Quando il rimborso costituisce reddito imponibile, le amministrazioni statali devono applicare la ritenuta IRPEF con aliquota marginale del dipendente.
L’Agenzia conferma che, nel caso in esame, il pagamento in contanti impedisce l’applicazione dell’esclusione dal reddito prevista dall’articolo 51, comma 5, TUIR.
Il rimborso di una spesa taxi pagata in contanti:
L’Agenzia ribadisce inoltre che la tracciabilità del pagamento costituisce una condizione necessaria e non derogabile per l’esclusione dall’imponibile.
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