Nella risposta n. 169 del 24 giugno 2025, l’Agenzia delle Entrate fornisce importanti chiarimenti sul regime fiscale applicabile ai trattamenti pensionistici integrativi riconosciuti sulla base di normative regionali e finanziati anche mediante contributi aggiuntivi volontari versati dai dipendenti pubblici
L’interpello è stato presentato da un ente pubblico che, in seguito alla soppressione del proprio fondo di pensione e previdenza – istituito originariamente in ambito camerale e disciplinato da una specifica legge regionale – ha continuato a garantire ai propri dipendenti un trattamento pensionistico integrativo.
Tale trattamento viene riconosciuto al momento del pensionamento, a condizione che i dipendenti in servizio abbiano versato, oltre ai contributi ordinari, un ulteriore contributo personale pari al 2,70% della retribuzione complessiva. Dopo la soppressione del fondo originario, la gestione dei trattamenti pensionistici è stata trasferita alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (CPDEL), che ne ha assunto la titolarità e l’erogazione. Tuttavia, la legge regionale ha previsto che il trattamento economico e giuridico in materia pensionistica per il personale già in servizio non fosse peggiorativo rispetto a quello previsto dal fondo soppresso, mantenendo in vita il meccanismo del contributo aggiuntivo e garantendo prestazioni analoghe.
Alla luce di questo assetto, l’ente istante ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se i trattamenti così erogati, pur non derivando da una forma di previdenza complementare in senso tecnico, potessero essere fiscalmente assimilati ai redditi da lavoro dipendente, con conseguente applicazione della relativa detrazione prevista dall’art. 13, comma 1, del TUIR, anziché di quella riservata ai redditi da pensione.
Per stabilire il corretto trattamento fiscale dei trattamenti pensionistici integrativi, è fondamentale distinguere tra redditi da pensione e redditi assimilati al lavoro dipendente, come delineato nel Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). Tale distinzione determina anche quale detrazione fiscale si applichi.
Redditi da pensione – Art. 49, comma 2, lett. a) TUIR
Secondo questa disposizione, sono considerati redditi di lavoro dipendente anche le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, purché non siano erogati nell’ambito della previdenza complementare. In questi casi, il legislatore fiscale riconosce una detrazione specifica per redditi da pensione, disciplinata dall’art. 13, comma 3 del TUIR, la quale è calcolata in funzione del reddito complessivo del pensionato e proporzionata al numero di giorni di pensione nell’anno.
Questa detrazione si applica, dunque, a pensioni ordinarie, sia pubbliche che private, nonché a trattamenti pensionistici derivanti da regimi sostitutivi, esclusivi o integrativi di legge, ma che non rientrano nelle forme di previdenza complementare.
Redditi assimilati a lavoro dipendente – Art. 50, comma 1, lett. h-bis) TUIR
In questa categoria rientrano i redditi derivanti da prestazioni erogate da forme pensionistiche complementari, come disciplinate dal D.Lgs. n. 252/2005. Si tratta di piani pensionistici integrativi su base volontaria, gestiti da fondi pensione, aperti o negoziali, i cui contributi sono versati durante la vita lavorativa per ottenere una rendita aggiuntiva al momento del pensionamento.
In tali ipotesi, le prestazioni erogate vengono assimilate ai redditi da lavoro dipendente, pur non derivando da un rapporto di lavoro attuale, e danno diritto alla detrazione di cui all’art. 13, comma 1 del TUIR. Questa detrazione è generalmente più favorevole rispetto a quella prevista per i redditi da pensione e si applica a condizione che la prestazione abbia origine da un fondo pensionistico riconosciuto come “complementare” ai sensi della normativa vigente.
Il punto centrale della distinzione normativa sta nella natura dell’ente erogatore e della prestazione:
Questa distinzione è cruciale per determinare la corretta compilazione della Certificazione Unica (CU) e l’ammontare delle detrazioni fiscali spettanti al contribuente.
L’Agenzia delle Entrate, analizzando gli elementi forniti dall’ente istante, ha chiarito che i trattamenti pensionistici integrativi erogati al momento del collocamento a riposo dei dipendenti non costituiscono prestazioni derivanti da forme pensionistiche complementari, in quanto non rientrano nel perimetro disciplinato dal D.Lgs. n. 252/2005. Al contrario, tali trattamenti rappresentano emolumenti della stessa natura dei trattamenti pensionistici ordinari erogati dalla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (CPDEL), subentrata nella gestione dopo la soppressione del fondo originario.
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