Una difesa a ostacoli dagli studi di settore

Pubblicato il 05 marzo 2007

Le modifiche apportate in materia di studi di settore, soprattutto nell’ultimo anno, con la manovra d’estate prima e 2007 poi, evidenziano in maniera inequivocabile l’importante ruolo che il Governo e l’Amministrazione finanziaria riconoscono a questo strumento di accertamento soprattutto per finalità di contrasto e lotta contro l’evasione fiscale. In primo luogo, si deve sottolineare l’ampliamento della platea dei soggetti coinvolti che dovranno confrontarsi con gli studi di settore in conseguenza dell’innalzamento della soglia dei ricavi/compensi al di sotto della quale non si è più esclusi dallo specifico strumento. A cui si aggiunge la previsione di regole più rigide, che possono dare impulso all’azione di accertamento nei confronti di tutte le imprese, anche di quelle in contabilità ordinaria e dei professionisti. Tuttavia, dal punto di vista del contribuente sorge il problema di vedere quale strategia sia meglio adottare per confrontarsi con gli studi rivisti e corretti e soprattutto quali sono le possibili difese dallo strumento di gestione di ricavi e compensi. Il sistema offre diverse possibilità per evitare l’accertamento analitico-presuntivo che muove dagli studi di settore, suggerendo al contribuente la possibilità di opporsi alle pretese del Fisco. In particolare, tre sono gli scenari che si possono prospettare:

- adeguamento in dichiarazione alle risultanze dello studio di settore al fine di evitare gli effetti negativi  che potrebbero derivare da un’azione di accertamento;

- il contraddittorio con l’ufficio, quando il contribuente si rifiuta di adeguarsi confidando nell’esito favorevole del contraddittorio con l’agenzia delle Entrate;

- il ricorso in Commissione tributaria contro l’atto di accertamento emesso dall’Amministrazione al termine del procedimento amministrativo, in caso di esito negativo del contraddittorio.

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