Whistleblowing: escluse dalla tutela le segnalazioni di carattere personale

Pubblicato il 28 gennaio 2025

L'istituto del whistleblowing non può essere utilizzato per finalità personali o per rivendicazioni legate al rapporto di lavoro con superiori o colleghi, poiché tali conflitti sono regolati da altre norme e procedure.

Whistleblowing: limiti e applicazioni secondo la Cassazione

E' quanto precisato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza n. 1880 del 27 gennaio 2025, pronunciata a soluzione di una controversia relativa all’applicazione di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego.

Il caso esaminato

Il caso riguardava due distinti procedimenti disciplinari avviati nei confronti di un dipendente di un’azienda sanitaria.

Nel primo procedimento, veniva contestato l’invio di esposti alla Procura della Repubblica, considerati pretestuosi e volti a ledere l’onorabilità professionale della dirigenza aziendale.

Il secondo procedimento riguardava invece un presunto reato di falso materiale commesso dal dipendente nella trasmissione di documenti ufficiali alterati.

In appello, il ricorso del dipendente era stato respinto, con la conferma della legittimità delle sospensioni cautelari disposte dall’azienda.

Tali provvedimenti erano stati motivati dalla gravità delle condotte contestate e dalla necessità di tutelare l’immagine e il funzionamento dell’amministrazione.

La decisione della Corte di Cassazione  

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi di ricorso presentati dal lavoratore, giungendo a decisioni distinte sui due punti principali della controversia.

Sulla sospensione cautelare

In merito alla sospensione cautelare, la Corte ha accolto il ricorso, rilevando che tale misura era stata adottata in assenza dei presupposti normativi richiesti. La normativa applicabile, in particolare l’art. 55-ter del Decreto legislativo 165 del 2001, stabilisce che un procedimento disciplinare può essere sospeso solo quando vi sia una connessione diretta con un procedimento penale in corso per gli stessi fatti.

Nel caso esaminato, questa connessione era assente, rendendo invalido il provvedimento di sospensione.

La Cassazione ha sottolineato che l’esercizio del potere cautelare da parte del datore di lavoro deve rispettare rigorosi limiti normativi, poiché l’assenza di tali presupposti determina l’illegittimità dell’atto.

Normativa sul whistleblowing inapplicabile

Per quanto riguarda l’applicazione della normativa sul whistleblowing, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

La Corte ha evidenziato che le segnalazioni del dipendente non rientravano nell’ambito di tutela previsto dall’art. 54-bis del D. Lgs. n. 165 del 2001.

Questo perché dalle denunce emergeva un interesse personale del lavoratore, più orientato alla contestazione della gestione interna dell’azienda che alla segnalazione di illeciti oggettivi.

La Cassazione, sul punto, ha ribadito che la normativa sul whistleblowing non può essere utilizzata per risolvere conflitti di natura personale o rivendicazioni lavorative.

I principi enunciati dalla giurisprudenza

Sul punto, gli Ermellini hanno richiamato i principi enunciati dalla giurisprudenza in materia, secondo cui:

"non si è in presenza di una segnalazione ex art. 54-bis, D. Lgs. 165 del 2001, scriminante, allorquando il segnalante agisca per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori".

E ancora:

"l’istituto del whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre norme e da altre procedure. Le circolari emanate in materia hanno, inoltre, chiarito che le segnalazioni non possono riguardare lamentele di carattere personale del segnalante o richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro o ai rapporti con superiori gerarchici o colleghi, disciplinate da altre procedure".

Esito della sentenza  

La Corte di Cassazione, in definitiva, ha accolto il primo motivo di ricorso, cassando la sentenza della Corte d’Appello nella parte relativa alla sospensione cautelare e rinviando il caso alla stessa Corte in diversa composizione per un nuovo esame.

Per il secondo motivo, relativo al whistleblowing, la Corte ha confermato l’inammissibilità del ricorso, ritenendo corrette le valutazioni già espresse in appello.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Il caso riguardava un dipendente pubblico sottoposto a due procedimenti disciplinari da parte di un’azienda sanitaria. Uno per l’invio di esposti ritenuti pretestuosi alla Procura della Repubblica e l’altro per un presunto falso materiale su documenti ufficiali.
Questione dibattuta 1. Legittimità della sospensione cautelare in assenza di un procedimento penale connesso.
2. Applicabilità della normativa sul whistleblowing (art. 54-bis del d.lgs. 165/2001) per proteggere il dipendente da sanzioni disciplinari.
Soluzione della Corte La Corte ha stabilito che:
1. La sospensione cautelare è invalida poiché non vi era un procedimento penale correlato ai fatti contestati nel procedimento disciplinare.
2. La normativa sul whistleblowing non si applica, poiché le segnalazioni del dipendente erano motivate da interessi personali e non da obiettivi di denuncia di illeciti oggettivi.
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