Assegno a non beneficiario Banca responsabile

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Assegno a non beneficiario Banca responsabile

La responsabilità della banca che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario in ragione di un’errata identificazione di chi presenti il titolo per l’incasso, prescinde da qualsiasi addebito di colpa.

L’articolo 43 del Regio Decreto n. 1736/1933 disciplina, infatti, in modo autonomo la fattispecie dell’adempimento dell’assegno non trasferibile, derogando sia alla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito a legittimazione variabile, sia al disposto di diritto comune dettato, in tema di obbligazioni, dall’articolo 1189 del Codice civile che dispone la liberazione del debitore adempiente in buona fede in favore del creditore apparente.

Ne consegue che la banca, nell’effettuare il pagamento in favore di persona diversa dal legittimato, non è liberata dalla propria obbligazione finché non paghi nuovamente al prenditore esattamente individuato l’importo dell’assegno, a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione di quest’ultimo.

Responsabilità indipendente da colpa 

Del resto, una responsabilità della banca indipendente dalla colpa si giustifica anche perché, se un tale pagamento potesse considerarsi liberatorio, il beneficiario effettivo dell’assegno smarrito o sottratto non potrebbe giovarsi neppure dell’ammortamento, escluso dall’articolo 43 della Legge citata per l’assegno bancario emesso con la clausola “non trasferibile”.

E’ questo il più recente orientamento giurisprudenziale a cui dichiara di aderire la Corte di cassazione, Prima sezione civile, nel testo della sentenza n. 3405 depositata il 22 febbraio 2016, ed affermato in diverse pronunce di legittimità (Cass., 9 febbraio 1999, n. 1098, Cass., 12 marzo 2003, n. 3654, Cass., 31 marzo 2010, n. 7949).

Nel caso specificamente esaminato, la Suprema corte ha ritenuto che l’istituto di credito convenuto dovesse rispondere per aver pagato un assegno a persona diversa dal beneficiario, anche se chi era andato ad incassare aveva messo una firma falsa e aveva esibito un falso documento di identità.

Banca risponde nei confronti di tutti i danneggiati 

Sul punto, altra sentenza di Cassazione – la n. 2663 dell’11 febbraio 2015 - ricorda come, per giurisprudenza ormai consolidata, la banca che ha pagato un assegno in violazione del precetto della norma di cui all’articolo 43 più volte citato è responsabile nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse tale regola è posta e che, a causa della relativa violazione, abbiano sofferto un danno.

Non è, ossia, il solo prenditore a potersi dolere della violazione della predetta norma.

Diverso orientamento giurisprudenziale 

Nella medesima decisione n. 3405/2016 sopra richiamata viene, comunque, evidenziato come si sia manifestato, nella giurisprudenza, un contrasto interpretativo concernente proprio i limiti di responsabilità della banca che paghi un assegno non trasferibile a un soggetto diverso dal beneficiario.

Secondo opposta posizione ermeneutica, infatti, qualora il pagamento dell’assegno bancario non trasferibile è effettuato in favore di chi si legittimi cartolarmente come prenditore del titolo, colui che ha eseguito il pagamento ne risponde verso il prenditore, a norma dello articolo 43, secondo comma, citato, esclusivamente se non ha usato la dovuta diligenza nell’identificazione del presentatore dell’assegno.

Alla luce di questa lettura, la disposizione indicata, laddove sancisce la responsabilità di chi paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore, si riferisce non alla persona fisica del prenditore, ma alla legittimazione cartolare cioè alla persona che non è legittimata come prenditore, e, quindi, non comporta deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore dei titoli a legittimazione nominale (Cass., 25 gennaio 1983, n. 686, Cass., 11 ottobre 1997, n. 9888).

Assegno alterato 

Su una vicenda di simile portata la Corte di cassazione si è recentemente pronunciata con sentenza n.1377 del 26 gennaio 2016.

In questo caso, tuttavia, l’assegno non trasferibile portato all’incasso e per il quale era stata attivata la causa di risarcimento danni contro la banca era stato artatamente alterato.

I giudici di legittimità, in detto contesto, hanno ribadito il principio secondo il quale l’alterazione dell’assegno, per poter fondare la responsabilità della banca, deve essere percepibile ad occhio nudo, e non solo con l’ausilio di particolari attrezzature strumentali o chimiche.

Situazione non rinvenibile nel caso esaminato in cui la consulenza tecnica d’ufficio aveva accertato la presenza sull’assegno bancario di alterazioni del titolo rese invisibili alle lenti inferiori a 6x e alla lampada di Wood; inoltre, l’unica apposizione visibile sul titolo a occhio nudo era esclusivamente la presenza di nastro adesivo trasparente nelle zone di importo e del beneficiario.

Riportandosi a precedente decisione di legittimità pronunciata relativamente ad un caso del tutto analogo, è stato quindi precisato che la stessa presenza del nastro adesivo fosse un elemento completamente inidoneo a tradursi in un indizio di falsificazione rilevabile ad occhio nudo.

Nella medesima sentenza la Suprema corte ha, altresì, sottolineato come nell’articolo 43, comma 2, del Regio Decreto 1736/33 - secondo cui “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento”- l’espressione “colui che paga”, deve essere intesa in senso ampio e riferibile sia alla banca trattaria sia alla diversa banca cui l’assegno sia stato girato per l’incasso da un proprio cliente e che lo abbia in favore di costui monetizzato.

Diligenza dell’accorto banchiere 

In altra vicenda, i giudici di Cassazione si sono soffermati nello specificare quale sia la diligenza che deve essere impiegata dal bancario nell’esaminare l’assegno che gli venga sottoposto per l’incasso.  

In particolare, la Corte di legittimità, con sentenza n. 6513 del 20 marzo 2014, si è pronunciata con riferimento ad una vicenda in cui era stata riconosciuta la responsabilità della banca nonostante fosse stato accertato, in sede penale, che la contraffazione della firma sul titolo incassato fosse per niente grossolana.

Nel caso esaminato era stato chiesto alla Corte di cassazione di rispondere alla questione se, a fronte di un pagamento di un assegno bancario falsificato nella firma di traenza, che presentava un tracciato assolutamente piatto, sussistesse la responsabilità della banca trattaria per il danno patito dal correntista apparentemente traente di detto assegno.

I giudici di legittimità investiti del caso hanno precisato come la responsabilità della banca verso il traente richieda un grado di diligenza rapportato alla professionalità del servizio bancario.

In particolare, la diligenza che la banca deve spiegare nell’esame della genuinità e fedeltà dell’assegno presentato per il pagamento deve essere riferita non a quella di un qualsiasi osservatore di medio interesse e di media diligenza, bensì a quella di un esaminatore attento e previdente, per il maggior grado di attenzione e di prudenza che la professionalità del servizio consente di attendersi.

La responsabilità della banca – precisa la Corte - non è, pertanto, esclusa per il solo fatto che il giudice penale abbia affermato la sussistenza del reato di falso escludendo il carattere grossolano della falsificazione, atteso che in una verifica non superficiale di un accorto funzionario di banca un’alterazione anche di non grossolana macroscopicità può essere riconosciuta.

Il paradigma a cui, nella specie, occorre fare riferimento – conclude la Cassazione – è quello di cui al secondo comma dell’articolo 1176 del Codice civile, ai sensi del quale, nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve essere valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata.

Valutazione al giudice di merito 

Spetta al giudice del merito, in detta situazione, valutare la rispondenza al predetto paradigma della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando così un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto e caso per caso, il grado di esigibilità della diligenza stessa.

 

Quadro Normativo

Regio Decreto n. 1736/1933

Articolo 1189 del Codice civile

Articolo 1176 del Codice civile

Corte di cassazione - sentenza n. 3405 del 22 febbraio 2016

Corte di cassazione - sentenza n. 2663 dell’11 febbraio 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 1377 del 26 gennaio 2016

Corte di cassazione - sentenza n. 6513 del 20 marzo 2014

Corte di cassazione - sentenza n. 1098 del 9 febbraio 1999

Corte di cassazione - sentenza n. 3654 del 12 marzo 2003

Corte di cassazione - sentenza n. 7949 del 31 marzo 2010

Corte di cassazione - sentenza n. 686 del 25 gennaio 1983

Corte di cassazione - sentenza n. 9888 del 11 ottobre 1997

 

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