Avvocato e docente? Indennità di maternità alla Cassa o all'INPS, no al cumulo

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Avvocato e docente? Indennità di maternità alla Cassa o all'INPS, no al cumulo

Precisazioni della Corte di cassazione in materia di indennità per maternità: divieto di cumulo di prestazioni da parte di diversi enti previdenziali in relazione allo stesso evento di maternità.

Con ordinanza n. 13846 del 19 maggio 2023, la Sezione lavoro della Cassazione ha respinto la domanda di un avvocato, docente di università, volta ad ottenere da Cassa Forense il pagamento di una somma a titolo di differenze sulla indennità di maternità maturata, già detratte le somme lei erogate dall'Inpdad a tale titolo.

La donna si era vista respingere le proprie ragioni dalla Corte d'appello sull'assunto che la stessa aveva già percepito altro trattamento di maternità da parte dell'Università presso cui era dipendente.

Era stato giudicato privo di rilievo, in tale contesto, il fatto che la modulistica che le aveva fornito l'Ente universitario fosse poco chiara: il provvedimento di reiezione faceva espresso riferimento all'art. 71 del D. Lgs. n. 151/2001, norma, questa, che l'interessata - docente in materie giuridiche e avvocato - doveva ben comprendere, visto il suo profilo, giuridicamente qualificato.

La finalità della normativa in oggetto, del resto, è quella di evitare il cumulo di prestazioni da parte di più enti previdenziali per lo stesso evento.

Maternità, no al cumulo delle prestazioni

Sul punto, la Suprema corte ha richiamato il principio già enunciato in sede di legittimità secondo cui, in materia di indennità per maternità erogata ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 1 e 2 del richiamato art. 71, va escluso il diritto al cumulo di prestazioni da parte di diversi enti previdenziali in relazione allo stesso evento, ovvero la situazione di maternità.

Il diritto alla suddetta prestazione è riconosciuto, indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attività, a condizione che la lavoratrice proponga la relativa istanza, documenti idoneamente lo stato di gravidanza e la data presunta del parto.

La stessa, in tale contesto, è tenuta ad attestare con dichiarazione ad hoc, quale requisito essenziale per l'erogazione, l'inesistenza di altro trattamento di maternità come lavoratrice pubblica o autonoma.

Sulla base di quanto esposto, dunque, era corretto che la Corte territoriale avesse applicato il principio del divieto di cumulo di più indennità di maternità: la lavoratrice che svolga due - o anche più - attività lavorative deve fare la sua scelta ed optare per la tutela offerta da un solo ente al momento della presentazione della domanda amministrativa.

Tali enti - ha spiegato la Corte - anche se, concretamente, erogano benefici diversi, si prefiggono la medesima protezione economica dello stato di gravidanza e puerperio attraverso la garanzia della retribuzione, pur in assenza del corrispondente obbligo di fornire la prestazione lavorativa.

Il ricorso dell'assicurata, in definitiva, andava rigettato.

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