Bancarotta da falso in bilancio, valutazione al momento del fallimento

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Bancarotta da falso in bilancio, valutazione al momento del fallimento

E' stato respinto, dalla Corte di cassazione, il ricorso avanzato dalla presidente del Cda di una cooperativa contro la condanna che le era stata impartita per il delitto di bancarotta impropria da falso in bilancio.

All'amministratrice era stata stato contestato di aver contribuito a cagionare ed aver aggravato il dissesto della cooperativa, dichiarata insolvente, avendo esposto, nel bilancio della medesima, dei fatti materiali non rispondenti al vero.

Per la Corte d'Appello, le alterazioni esposte in bilancio dall'imputata avevano nascosto la situazione di dissesto già in atto, con conseguente suo aggravamento.

Nella condotta era stata individuata un'ipotesi di falso rilevante in quanto relativa a dati informativi essenziali e con capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico.

Reato di bancarotta impropria, normativa applicabile

Nel condurre la propria verifica, i giudici territoriali avevano ritenuto rilevanti le riscontrate distonie contabili del bilancio, per come evidenziate dal consulente tecnico del Pubblico ministero, facendo riferimento all'assetto normativo dettato dall'articolo 2621 cod. civ., come modificato dalla Legge n. 69/2015, vigente al momento della sentenza di fallimento.

Tale assetto normativo era imperniato sull'esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero e non più sull'indicazione di soglie quantitative di punibilità.

L'imprenditrice aveva impugnato tali considerazioni, eccependo un vizio di violazione di legge atteso che, secondo la sua difesa, il reato contestato non era configurabile.

A suo dire, la fattispecie di bancarotta andava valutata considerando l'insussistenza della condotta di falsità in bilancio, da ancorarsi al 2011, quando i fatti falsificatori non rientravano nell'area di punibilità normativa per il mancato superamento delle allora vigenti soglie quantitative di punibilità.

Era censurata, in altri termini, l'applicazione della disciplina normativa prevista per il falso in bilancio alla data di consumazione del reato di bancarotta impropria, derivata dalla riforma del 2015, piuttosto che di quella, differente e collegata a soglie di punibilità, vigente nel 2011, al momento della presentazione del bilancio falsificato.

La doglianza della ricorrente è stata giudicata priva di pregio dalla Cassazione, pronunciatasi, sulla vicenda in esame, con sentenza n. 37264 del 12 settembre 2023.

Bancarotta fraudolenta impropria, rapporto con il falso in bilancio

Gli Ermellini, richiamando quanto già evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, hanno chiarito che il reato di bancarotta impropria da falso in bilancio si struttura come reato di evento, per la configurabilità del quale si richiede l'integrazione di una delle condotte di reato specificamente previsti.

Nel caso esaminato, andava fatto riferimento al falso in bilancio ex art. 2621 cod. civ., nella formulazione precedente al 2015.

Il delitto di bancarotta fraudolenta impropria - ha continuato la Corte - è strutturato come reato complesso, rispetto al quale un reato societario, tra quelli espressamente previsti dal legislatore ed assunto come elemento costitutivo della fattispecie tipica, deve essere causa o concausa del dissesto societario.

Bancarotta societaria, momento consumativo nel fallimento

Il momento consumativo del reato di bancarotta societaria, tuttavia, è da individuarsi nella dichiarazione di fallimento, che fissa anche il "dies a quo" da cui decorre la prescrizione.

La bancarotta fraudolenta impropria - si legge ancora nella decisione - si distingue dal falso in bilancio, che è reato sussidiario punito a prescindere dall'evento fallimentare, qualora ne sussistano le condizioni, nel qual caso, verificatosi il fallimento, il fatto di falso in bilancio resta assorbito nell'autonomo e diverso reato di bancarotta fraudolenta impropria.

Il legislatore, in altri termini, non prende in considerazione il reato di falso in bilancio per punirlo, in caso di fallimento, con pena più elevata, ma considera la condotta consistente nella falsificazione del bilancio societario, per assoggettarla a sanzione penale a titolo di bancarotta fraudolenta, sulla base del principio, insito nella legge fallimentare, che la sopravvenienza del fallimento qualifica in modo autonomo quei fatti anteriori che, altrimenti, sarebbero inquadrabili in un diverso schema di reato.

Nel caso, quindi, in cui al reato di falso in bilancio segua il fallimento della società, non si realizza un'ipotesi aggravata del reato societario, ma un autonomo reato, che si inquadra nel paradigma della bancarotta fraudolenta impropria.

Sulla base di queste considerazioni era possibile confutare le censure della ricorrente, che pretendeva, erroneamente, di applicare la disciplina vigente al momento della realizzazione delle condotte di falso in bilancio invece di quella applicabile al momento del fallimento.

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