Bonus fittizi e indebita compensazione: sequestro confermato

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Bonus fittizi e indebita compensazione: sequestro confermato

Il delitto di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi.

E' infatti con l'utilizzo del modello indicato che si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.

Sono, pertanto, irrilevanti sia l'eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato sia il conseguente non aggiornamento del c.d. cassetto fiscale: tali operazioni, successive alla presentazione del modello indicato, sono soltanto ricognitive del rapporto obbligatorio tra Amministrazione e contribuente, senza alcun effetto costitutivo o modificativo.

Confermato il sequestro del profitto del reato tributario 

Così la Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 16728 del 19 aprile 2023, a conferma del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente emesso dal Gip nell'ambito di un'indagine per il reato tributario di indebita compensazione e disposto sulle disponibilità finanziarie, beni e titoli dell'imprenditore indagato, fino al valore corrispondente al profitto del delitto contestato.

Secondo l'imputazione provvisoria, quest'ultimo aveva utilizzato in compensazione parte dei crediti inesistenti dovuti alla creazione di crediti di imposta fittizi a lui ceduti (o alle società al medesimo riconducibili) utilizzando la legislazione emergenziale in tema di bonus locazioni, sismabonus e bonus facciate.

Questi crediti erano stati portati in compensazione attraverso il pagamento di un cospicuo numero di modelli F24.

Secondo la Suprema corte, il reato fiscale in esame poteva dirsi integrato a prescindere ed a monte del fatto che si trattasse di debiti fiscali già iscritti a ruolo e bloccati dall'indagine in corso.

Il profitto del reato, in tale contesto, era costituito dallo stesso ammontare del credito di imposta inesistente utilizzato per la compensazione non consentita.

Era corretta, in definitiva, la conclusione cui erano giunti i giudici di merito, per i quali il vantaggio economico di diretta derivazione causale dal reato tributario in esame non poteva che coincidere con il risparmio economico ottenuto dall'agente a seguito del compimento della complessa operazione, operazione mediante la quale aveva sottratto e, quindi, evaso l'intero ammontare degli importi compensati alla loro destinazione fiscale.

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