Concessioni: norme incompatibili con Codice contratti abrogate tacitamente

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Concessioni: norme incompatibili con Codice contratti abrogate tacitamente

Secondo il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, le previsioni di cui al nuovo Codice dei contratti pubblici, approvato con Decreto legislativo n. 50/2016, in materia di concessioni di servizi, abrogano tacitamente tutte le altre disposizioni che disciplinano la materia, con esse incompatibili.

Difatti, il Codice dei contratti, non attuando il principio di delega che riguardava il riordino e la semplificazione in materia, non ha riordinato le discipline settoriali sulle concessioni di servizi e questo – si legge nel testo della sentenza della CGA n. 217 del 12 aprile 2018 – “non significa che non si imponga una verifica se esse sopravvivano in tutto o in parte al codice e che non si debba verificare se vi siano state tacite abrogazioni delle disposizioni previgenti”, in particolar modo, per quanto riguarda i requisiti soggettivi, relativi a condanne penali, più severi di quelli previsti dal nuovo codice.

Questo, in particolare – conclude il Consiglio siciliano - quando, come nella vicenda specificamente esaminata, i requisiti sono posti da fonte regolamentare anteriore al Codice, di tal ché le disposizioni del medesimo “sembrano determinare abrogazione tacita in base al triplice canone della legge generale, cronologicamente successiva, e di rango superiore nella gerarchia delle fonti”.

Notifica alla PEC non inserita nell’elenco della Giustizia: errore scusabile

Nella medesima decisione, il CGA ha anche dichiarato di aderire all’interpretazione che, nel caso in cui l’Amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell’elenco tenuto dal ministero della Giustizia, riconosce l’errore scusabile ex articolo 37 C.p.a. se la notifica per via telematica del ricorso - proposto dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico (1 gennaio 2017) – venga effettuata ad un’Amministrazione all’indirizzo PEC tratto dall’elenco pubblico IPA, e che, per l’effetto, ordina il rinnovo della notificazione.

Detta interpretazione è stata preferita all’altra esistente – secondo cui sarebbe nulla la notifica del ricorso giurisdizionale effettuata ad una pubblica amministrazione presso un indirizzo di posta elettronica non inserito nell’apposito registro, tenuto dal ministero della Giustizia – in quanto “in regime di PAT obbligatorio e nella sua prima applicazione, che tale deve considerarsi almeno il primo biennio” è da considerare scusabile l’errore di chi ritiene che la notifica possa sempre farsi via PEC, confidando nella validità di un registro ufficiale.

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