FBI contro Apple: sicurezza nazionale, privacy o marketing?

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FBI contro Apple: sicurezza nazionale, privacy o marketing?

Strage San Bernardino, incidente diplomatico FBI/Apple

La nota vicenda relativa alla strage di San Bernardino in California, dove Syed Rizwan Farook e sua moglie, uccisero 14 persone, oggi sembra legata ad indagini di mobile forensics sul telefono dell’attentatore. Infatti, secondo l’FBI, analizzando i dati presenti sull’i Phone C5 del Farook, sarebbe possibile investigare sui presunti legami fra lo stesso e cellule terroristiche di matrice islamica.

La questione, tuttavia, è tornata alla cronaca a seguito del rifiuto della società produttrice di I Phone (Apple), di consentire l’accesso al dispositivo mobile all’FBI. Questione che è stata certamente cavalcata dalla stampa anche, e soprattutto, a seguito delle dichiarazioni dell’amministratore delegato della Apple Tim Cook che ha detto “questo caso è più grande di un singolo I Phone o di una singola indagine. In gioco ci sono i dati di sicurezza di centinaia di milioni di persone e la creazione di un pericoloso precedente che minaccia le libertà civili di tutti”.

L’incidente diplomatico fra FBI e Apple ha spaccato l’opinione pubblica fra coloro che si schierano a favore della privacy e chi ritiene che le esigenze di sicurezza nazionale debbano prevalere, così come afferma l’FBI.

Con l’occasione, si cerca di far chiarezza sugli aspetti di informatica forense e giudiziari.

Prima di tutto, occorre dire, che, dal punto di vista tecnico, non tutti gli I Phone sono uguali e pertanto non presentano le medesime vulnerabilità di sistema.

Sistema operativo iOS 9, difficoltà di accesso

 Nello specifico l’I Phone del Farook utilizzava il sistema operativo iOS 9 basato su un microprocessore ad architettura ARM, dunque a 32 bit. caratterizzata dall’utilizzo di un sistema sandboxing jail che non consente di accedere alla partizione del sistema operativo (salvo invalidare la garanzia e rischiando di compromettere la validità legale della prova, attraverso operazioni di root ovvero con privilegi da amministratore).

Inoltre, il dispositivo di Farook ha un lock, ovvero, il telefono dispone di un sistema di protezione che non permette l’accesso al dispositivo senza le giuste credenziali.

Va aggiunto che, il sistema operativo iOS 9 che, a differenza di versioni precedenti, consente di impostare codici di blocco alfanumerici con un minimo di 6 cifre/lettere (negli I Phone precedenti a iOS 8 era possibile inserire solo numeri). Fattore che rende più difficile l’accesso.

E’ giusto il caso di ricordare che il sistema operativo iOS 9 prevede dei meccanismi di protezione che, all’inserimento di ogni codice di sblocco errato, ritardano in modo progressivo il tempo da attendere per l’immissione di un nuovo codice.

A tutto questo occorre aggiungere che, spesso, sono previsti sistemi di wiping, ovvero dopo l’immissione di un numero prestabilito di codici errati il dispositivo può provvedere, in automatico, alla cancellazione di tutte le memorie ed il ripristino alle impostazioni di fabbrica. Dunque, verrebbe meno l’interesse investigativo.

Quanto alla acquisizione delle memorie può essere fatta: 1) con sistemi fisici (copia della memoria se il dispositivo è sbloccato); 2) acquisizione del file system (attraverso l’iTunes Backup, l’Apple Conduit e l’Apple file relay); 3) acquisizione logica con i certificati di sincronizzazione c.d. “lockdown file” (nel caso in cui il dispositivo sia stato associato ad un PC).

L’aspetto tecnico, pur non volendo entrare nel dettaglio, è certamente molto complesso.

Quesito giuridico esteso a backdoor di tutti gli iPhone

La problematica giuridica, invece, nasce dal quesito che il Giudice Federale ha posto alla Apple. Infatti, sembrerebbe non aver chiesto meramente di sbloccare il singolo dispositivo di Farook ma, bensì, di fornire un sistema di backdoor che, in un certo senso, funzioni da paspartout per penetrare gli iPhone.

Elemento che, grazie ad alcuni servizi cloud attivi e preimpostati sugli iPhone, avrebbe potenzialmente permesso alla FBI di spiare tutti gli iPhone del mondo.

Mercato in crescita per gli iPhone?

Da ultimo sembra che la questione delle prove muscolari fra FBI e Apple nasconda due aspetti inattesi.

Da un lato un tentativo di ridimensionare la privacy sull’onda emotiva della paura al terrorismo; dall’altro, riflettendo sul fatto che nel mercato dei dispositivi di telefonia, il sistema operativo iOS (di Apple), al 2° quadrimestre 2015, deteneva solo il 14% del mercato contro circa l’82% del sistema Android, viene lecito domandarsi: “Se passasse la convinzione sociale che gli iPhone resistono agli hacker dell’FBI quanto crescerebbe il loro mercato mondiale? Soprattutto che impatto avrebbe sul PIL degli USA?”(PELUSO)

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