Gli ispettori possono sindacare la legittimità del decreto ministeriale di concessione della CIGS?

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L’impresa Alfa S.p.a. ha avviato la procedura CIGS motivata da trasformazioni societarie. Nell’informativa prevista dall’art. 1 comma 7 della L. n. 223/1991, ritualmente inoltrata alle organizzazioni sindacali, non sono state indicate in maniera puntuale le modalità di gestione dell’intervento e cioè i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione, ovvero le misure alternative alla rotazione. Nella lettera inviata alle organizzazioni sindacali tali informazioni sono state racchiuse in generiche espressioni quali “la rotazione e la scelta dei lavoratori avverrà in base alle esigenze tecnico-produttive dell’azienda” e secondo le “esigenze professionali e funzionali” dei dipendenti. Nonostante l’evidente genericità delle formule impiegate, le organizzazioni sindacali che hanno partecipato all’incontro, alla presenza dei funzionari ministeriali, hanno redatto un accordo che di fatto ha ricalcato, nei contenuti, locuzioni sommarie espresse nelle comunicazioni inoltrare alle parti sociali. A sua volta il Ministero del Lavoro ha concluso la procedura adottando il decreto di concessione della CIGS. A distanza di alcuni mesi i lavoratori di Alfa sporgono denuncia alla DTL lamentando delle irregolarità nel procedimento con cui è stata concessa e gestita la CIGS. Gli ispettori possono sindacare la legittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo della CIGS?



Premessa

Gli ammortizzatori sociali costituiscono misure pubbliche di sostegno del reddito dei lavoratori perché vengono attivati nelle ipotesi in cui il ciclo produttivo dell’impresa subisce un rallentamento o un arresto a causa di eventi non imputabili al datore di lavoro. Tali misure, seppur eterogenee, sono raggruppate funzionalmente in due macro aree a seconda che siano dirette a contrastare l’evento della disoccupazione ovvero a impedire che quest’ultimo si verifichi. Tra gli strumenti del primo tipo, che presuppongono ovviamente l’estinzione del rapporto di lavoro, vengono annoverati l’indennità di disoccupazione e quella di mobilità che la L. n. 92/12 ha sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, con l’ASPI. Appartengono agli strumenti del secondo tipo i contratti di solidarietà (difensivi o espansivi) ovvero la Cassa integrazione guadagni, la quale postula la sospensione del rapporto e viene erogata in prospettiva di una ripresa dell’attività d’impresa, invero temporalmente interrotta per situazione contingenti produttive o di mercato. Si distinguono due gestioni della CIG: ordinaria (CIGO) e straordinaria (CIGS); proprio quest’ultima costituisce materia del presente contributo in cui verranno esaminati alcuni aspetti su cui può incentrarsi il procedimento ispettivo.

La CIGS: cenni normativi


I diversi istituti giuridici attinenti alla materia dell’occupazione hanno trovato un’organica disciplina nella L. n. 223/1991, le cui previsioni, contenute negli artt. 1, 2 e 3, sono dedicate alla CIGS, rispetto alla quale vengono definiti principi e procedure. Su tale assetto è intervenuta la legge di semplificazione amministrativa n. 59/97 che ha delegificato il procedimento per la concessione della CIGS; delegificazione avvenuta con D.P.R. n. 218/00. Il rapporto tra quest’ultimo e la L. n. 223 cit. è stato definito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione nel senso che gli obblighi informativi e i requisiti soggettivi e oggettivi per la fruizione della CIGS sono contenuti nella L. n. 223 cit. mentre la fase propriamente amministrativa del procedimento è disciplinata dal D.P.R. n. 218 cit..

Le fasi in cui si scandisce il procedimento sono state illustrate con circolare del Ministero del Lavoro n. 64 del 2000.

Nel rinviare alle disposizioni normative per una trattazione esaustiva della materia si può osservare sinteticamente che le ragioni dell’intervento di integrazione salariale sono sostanzialmente classificabili in tre tipologie:

  1. sospensione determinate da processi di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale;

  2. crisi aziendale;

  3. riduzione dell’orario di lavoro stabile con accordi sindacali al fine di evitare licenziamenti.


Il procedimento della CIGS: cenni


Sul piano strutturale il procedimento di erogazione della CIGS è sostanzialmente schematizzabile in quattro stadi: preparatorio, introduttivo, istruttorio e decisorio.

Gli stadi del procedimento sono a loro volta raggruppabili in due macro aree, denominate:

  1. fase sindacale, con la quale vengono coinvolte le parti sociali nella gestione della misura;

  2. fase amministrativa in cui si incardinano gli adempimenti previsti per l’ottenimento del decreto che chiude il procedimento.

Al decreto seguono ulteriori adempimenti inerenti alle metodologie di pagamento dell’indennità e che attengono al rapporto intercorrente tra l’impresa e l’INPS.

La presente esposizione concentrerà lo sguardo sulla fase sindacale evidenziando anche aspetti che riguardano le modalità di pagamento della CIGS.

Il contraddittorio nella fase sindacale


In via di principio si può affermare che il cuore dell’intera procedura è il contraddittorio che deve instaurarsi tra l’impresa e le organizzazioni sindacali e che ha per oggetto la scelta dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità di rotazione dei lavoratori che espletano le medesime mansioni e operano nella stessa unità produttiva, ovvero la stessa determinazione di non procedere alla rotazione del personale.


a) L’onere di informativa

Elemento essenziale è il preliminare onere di informativa previsto dall’art. 1 comma 7 della L. n. 223 cit., secondo cui l’impresa è tenuta a rappresentare alle r.s.a., o in mancanza alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, le modalità della rotazione, ovvero le misure alternative alla rotazione.

  1. A tale fine l’impresa deve predisporre un idoneo programma da allegare all’istanza per la CIGS, volto al rilancio dell’attività e alla tutela dei livelli occupazionali. Nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale, il Sevizio ispettivo competente per territorio, destinatario anch’esso ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. n. 218 cit. dell’istanza per la fruizione della CIGS, deve svolgere gli accertamenti del caso in ordine all’attuazione del programma da parte dell’impresa. L’attuazione del programma infatti costituisce condizione per l’erogazione dell’indennità salariale.


b) L’esame congiunto

Ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 218 cit. entro tre giorni dalla comunicazione alle organizzazioni sindacali, l’imprenditore o i rappresentanti dei lavoratori devono presentare domanda di esame congiunto della situazione aziendale all’Ufficio competente della regione nel cui territorio si trovano le unità aziendali interessate. Tuttavia se l’intervento riguardi unità aziendali ubicate in più regioni la richiesta di esame congiunta va presentata al Ministero del Lavoro - Direzione generale dei rapporti di lavoro. L’ufficio ministeriale, competente allo svolgimento dell’esame congiunto, richiede il parere delle Regioni interessate. Il verbale di esame congiunto assume natura di atto pubblico a contenuto certificativo e costituisce prova dell’avvenuta procedura di consultazione. Tant’è che il Ministero del Lavoro con circolare n. 64 cit. ha precisato che il “verbale, che recepisce gli esiti della consultazione sindacale, costituisce atto propedeutico ed indispensabile per la domanda di CIGS, presentata dall’impresa”.

La comunicazione e il conseguente esame congiunto, che precedono l’adozione del decreto ministeriale di concessione o diniego del beneficio, svolgono un’essenziale funzione di garanzia, poiché per un verso consentono alle organizzazioni sindacali di partecipare alla scelta dei lavoratori da sospendere e, per altro verso, apprestano una tutela ai lavoratori quali destinatari della scelta adottata dal datore di lavoro.


c) L’orientamento della giurisprudenza sulla violazione del principio del contradditorio

Salva la deroga prevista dall’art. 1 comma 45 della L. n. 92 cit. che attiene alla procedura di mobilità, l’onere informativo e l’esame congiunto assumono valore essenziale ai fini della legittimità dell’intera fattispecie, con la conseguenza che tali incombenze debbono essere assolte in maniera esatta e completa, pena l’illegittimità del decreto ministeriale che conclude la procedura.

Sulla scorta di tale considerazione la giurisprudenza ha elaborato le seguenti regole:

  1. la violazione dell’obbligo della comunicazione ovvero l’esistenza di vizi inerenti al contenuto dello stesso, perché espresso con modalità generiche e non dettagliate, costituisce condotta antisindacale e motivo di illegittimità del provvedimento di concessione della CIGS. L’asserzione secondo cui i criteri di scelta e di rotazione dei lavoratori vengono operate per “esigenze tecniche, organizzative e produttive” non è soddisfacente, poiché rimette all’iniziativa e all’arbitrio dell’imprenditore l’individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti di sospensione con il consequenziale pregiudizio ad una gestione trasparente ed affidabile della mobilità e della riduzione del personale.

  2. l’accordo concluso all’esito dell’esame congiunto non ha effetto sanante della violazione dell’obbligo di informativa previsto dall’art. 1 comma 7 della L. n. 223 cit. e ciò anche nell’ipotesi in cui nell’accordo vengano illustrate in maniera puntuale e analitica i meccanismi di rotazione ovvero le ragioni tecnico-organizzative ostative ai criteri rotativi. Va da sé conseguentemente che l’accordo è anch’esso affetto da illegittimità quando risulti generico e lacunoso.

  3. l’illegittimità del provvedimento di sospensione generata dalla violazione delle previsioni di cui all’art. 1 commi 7 e 8 della L. n. 223 cit. configura, in capo ai dipendenti, una posizione di diritto soggettivo, con la conseguenza che costoro possono chiedere al giudice ordinario la condanna, previa disapplicazione “incidenter tantum” (in via puramente incidentale) del provvedimento amministrativo di concessione della CIGS, del datore di lavoro al pagamento dell’integrale obbligazione retributiva.


La fase amministrativa per il pagamento della CIGS


Terminata la fase della consultazione sindacale seguono una serie di adempimenti, tra cui la presentazione dell’istanza all’organo ministeriale, preordinati all’adozione, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 218 cit. del decreto ministeriale di concessione o diniego dell’indennità.

Sul piano della sequenza degli atti l’impresa dovrebbe procedere alla sospensione dei rapporti solo in seguito all’emanazione del decreto che concede la CIGS.

In pratica invece è frequente che la sospensione venga disposta quando ancora la procedura è in itinere. Ciò comporta l’assunzione di un rischio significativo da parte dell’impresa.

L’eventuale adozione del decreto di diniego, che potrebbe essere motivato anche per la genericità della comunicazione di cui all’art. 1 commi 7 e 8 della L. n. 223 cit., rende infatti illegittima la sospensione, con la conseguenza che l’impresa è tenuta a corrispondere ai dipendenti per tutta la durata del periodo di sospensione l’integrale retribuzione. Si osservi che la giurisprudenza ha stabilito che l’esonero del datore di lavoro dal pagamento della retribuzione, in pendenza del procedimento di CIGS, poi concluso con provvedimento di diniego, è ammissibile solo se la sospensione non retribuita abbia formato oggetto di accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali.

L’inosservanza rispetto a quanto stabilito nel decreto di concessione della CIGS è sanzionata dell’art. 1, comma 8, della L. n. 223 cit.. Generalmente la CIGS è corrisposta con la tecnica dell’anticipo e successivo conguaglio. Tuttavia ai sensi dell’art. 2, comma 6, della L. n. 223 è prevista anche la possibilità del pagamento diretto in favore dei lavoratori interessati al trattamento.


L’abbandono della DID?


Ciò che occorre evidenziare è che l’art. 4, comma 47, della L. n. 92/12 ha abrogato l’articolo 19 del D.L. n. 185/08, conv. con modificazioni, in L. n. 2/09, che imponeva al lavoratore l’obbligo di fornire una dichiarazione di immediata disponibilità all’adesione ad un’offerta di lavoro congruo ovvero a seguire un percorso di riqualificazione professionale, pena la perdita della misura di sostegno al reddito, attesa in tale senso la previsione di cui dell’art. 19 comma 2 del D.L. n. 185 cit..La procedura veniva gestita dall’impresa mediante compilazione e conservazione del c.d. DID.

In sostituzione del sistema pregresso e quindi a decorrere dall’entrata in vigore della novella, l’art. 4 comma 40 della L. n. 92 cit. non prevede più il meccanismo della DID, ma si limita semplicemente a disporre che “il lavoratore sospeso dall’attività lavorativa e beneficiario di una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, ai sensi dell’articolo 3 della presente legge, decade dal trattamento qualora rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione o di riqualificazione o non lo frequenti regolarmente senza un giustificato motivo”. Allo stato attuale non risulta che siano state emanate norme attuative o istruzioni operative sul portato applicativo della nuova disposizione, sicché non è agevole definire le modalità che le parti debbono seguire per fruire secundum ius del trattamento di integrazione salariale. Si può ipotizzare che l’abolizione del meccanismo pregresso sembrerebbe far ricadere unicamente sul lavoratore l’onere di adoperarsi per dimostrare la propria disponibilità a seguire percorsi formativi.


Il caso concreto


Rispetto a tale assetto normativo occorre verificare quali possono essere le tipologie di verifiche esperibili dal personale ispettivo della DTL e tale aspetto può essere trattato insieme all’esame del caso concreto. Risulta nei fatti che l’impresa Alfa S.p.a. ha avviato la procedura CIGS motivata da trasformazioni societarie. Nell’informativa prevista dall’art. 1, comma 7, della L. n. 223 cit., ritualmente inoltrata alle organizzazioni sindacali, non sono state indicate in maniera puntuale le modalità di gestione dell’intervento e cioè i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, le modalità della rotazione, ovvero le misure alternative alla rotazione. Tali indicazioni sono state racchiuse in generiche espressioni quali “la rotazione e la scelta dei lavoratori avverrà in base alle esigenze tecnico-produttive dell’azienda” e secondo le “esigenze professionali e funzionali” dei dipendenti. Nonostante l’evidente genericità delle formula impiegata, le organizzazioni sindacali che hanno partecipato all’incontro alla presenza dei funzionari ministeriali hanno redatto un accordo, che di fatto ha ricalcato nei contenuti locuzioni sommarie espresse nelle comunicazioni inoltrate alle parte sociali.

Non pare dubitabile agli scriventi che la tecnica impiegata rende impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere e pertanto la stessa si appalesa illegittima e meritevole di censura.

Il problema a questo punto si sposta su un tema, se si vuole più delicato, che riguarda la sorte del provvedimento di concessione della CIGS nell’ambito di un procedimento ispettivo.

In particolare, premessa in tale caso l’illegittimità, per giurisprudenza costante, del decreto, ci si interroga sul contenuto delle attribuzioni del personale ispettivo rispetto a un vizio non rilevato, né dai funzionari ministeriali in sede di esame congiunto, né dall’organo apicale all’atto dell’adozione del provvedimento conclusivo della procedura.

In sostanza appare controverso se i funzionari ispettivi del Ministero, in corso di verifica ispettiva, possano o meno sindacare la legittimità del procedimento e segnatamente del decreto che recepisce il vizio prodotto nella fase sindacale.

Infatti, se non è dubitabile che la competenza degli ispettori si appunti sulla fase esecutiva del programma di rilancio dell’impresa, quale condizione per la fruizione del trattamento di integrazione salariale, non altrettanto certo appare il potere di valutare la legittimità delle fasi pregresse del procedimento (al quale infatti hanno partecipato, per scopi di mediazione, funzionari ministeriali) e soprattutto del provvedimento conclusivo emanato dall’organo di vertice dell’amministrazione cui appartengono i funzionari ispettivi.

La conseguenza non è di poco conto: basti considerare che ove si dia risposta positiva al quesito, il personale ispettivo dovrebbe adottare un verbale con cui dichiari l’illegittimità del decreto di concessione della CIGS e per l’effetto la sospensione dei rapporti di lavoro eventualmente disposta dall’impresa. Ciò comporterebbe l’adozione di atti sanzionatori correlati ai disvalori retribuitivi e contributivi maturati a causa della illegittima sospensione dei rapporti di lavoro.

Gli scriventi sono dell’avviso che non vi siano preclusioni normative alla possibilità da parte del personale ispettivo di verificare la legittimità di tutti gli atti inerenti al procedimento della CIGS. Anzi dalla lettura dell’art. 7 del D.lgs. n. 124 cit. sembra dedurre che gli ispettori siano tenuti al controllo della CIGS, la cui istruttoria peraltro viene curata anche da funzionari ministeriali, ma che tuttavia non rivestono la qualifica di ispettori del lavoro.

Il punctum pruriens semmai riguarda l’atto terminale del procedimento e cioè il decreto di concessione della misura, giacché quest’ultimo viene adottato dagli organi di vertice delle strutture ministeriali e cioè da coloro che sono responsabilmente parificati a quelli che debbono concludere il procedimento ispettivo con l’emanazione di ordinanza ingiunzione o di archiviazione.

Ipoteticamente si potrebbe arrivare alla situazione paradossale in cui la struttura regionale o centrale emani il decreto di concessione della CIGS, mentre il responsabile della struttura provinciale adotti ordinanza ingiunzione con la quale condivida la valutazione effettuata dagli ispettori in ordine all’illegittimità del predetto decreto. Accadrebbe pertanto che la stessa amministrazione valuta la medesima situazione fattuale con due atti paritetici soggetti a discipline e finalità diversificate, ma di cui l’uno è l’esatto opposto dell’altro.

Per evitare una palese censura all’operato dell’amministrazione, gli scriventi sono dell’avviso che il rispetto dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dovrebbe portare gli ispettori, prima di concludere l’accertamento, a sottoporre al responsabile della struttura di appartenenza, l’esame della questione, onde valutare l’eventuale avvio di un procedimento di autotutela finalizzato al ritiro del decreto di concessione della CIGS.


NOTE

i L’art. 2 comma 70 della L. n. 92 cit. abroga a decorrere dal 1° gennaio 2016 l’art. 3 della L. n. 223 cit. che disciplina l’erogazione della CIGS per le aziende sottoposte a procedure concorsuali e per quelle sottoposte a sequestro o confisca. L’art. 3 comma 1 della L. n. 92 cit., a decorrere dal 1° gennaio 2013, ha esteso la CIGS a ulteriori settori produttivi già beneficiari del trattamento, ma mediante la disciplina c.d. “in deroga”.

ii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-04-2012, n. 6565; cfr. Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 12/12/2011, n. 26587; Cass. civ. Sez. lavoro, 18/02/2011, n. 4053.

iii La CIGS è fruibile limitatamente alle imprese che abbiano occupato mediamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente alla data di presentazione della richiesta (vengono computati anche gli apprendisti).

iv Art. 1 n. 2 lett. b) della L. n. 164/75. Per la prassi si rinvia alla circolare del Ministero del Lavoro n. 8 del 2003.

v Art. 2 comma 5 lett. c) e art. 21 della L. n. 675/77. Per la prassi si rinvia alla circolare del Ministero del Lavoro n. 50 del 2000.

vi Si tratta delle ipotesi che giustificano la stipulazione dei contratti di solidarietà interni; cfr. art. 1 L. n. 863/84.

vii L’esame congiunto effettuato dall’imprenditore e dalle organizzazioni sindacali è diretto a sollecitare la regolamentazione sindacale del potere del datore di lavoro di procedere alla sospensione della prestazione lavorativa svolta dai lavoratori suoi dipendenti: cfr. Cass. 17 marzo 1998 n. 2882 e Cass. 9 novembre 1998 n. 11263.

viii La disposizione richiama l’art. 5 della L. n. 164/75.

ix Il programma deve essere formulato in conformità ad un modello stabilito con decreto del Ministro del Lavoro. A tal fine cfr. D.M. 18 ottobre 1991 e D.M. 6 giugno 1997.

x L’istanza deve essere presentata all’ufficio del Ministero del Lavoro territorialmente competente, entro venticinque giorni dalla fine del periodo di paga in corso, al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro. Ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n. 218 cit..

xi Nel programma l’impresa è tenuta a indicare il numero dei lavoratori interessati alla sospensione, la durata della stessa, le misure previste per la gestione di eventuali eccedenze di personale, nonché i criteri con i quali intende gestire la sospensione dei rapporti di lavoro. Va sottolineato che ai sensi dell’art. 1 comma 8 della L. n. 223 cit. la rotazione non costituisce un obbligo per l’impresa, la quale in presenza di ragioni tecnico-organizzative, anch’esse da indicare dettagliatamente nel programma e nell’informativa da inviare alle organizzazioni sindacali, può determinarsi nel senso di escludere l’adozione del criterio rotativo nei confronti dei lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata dalle sospensioni. Qualora il Ministero del Lavoro ritenga non condivisibili le ragioni della mancata rotazione promuove l’accordo fra le parti sulla materia e, qualora tale accordo non sia stato raggiunto entro tre mesi dalla data del decreto di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, stabilisce con proprio decreto l’adozione di meccanismi di rotazione, sulla base delle specifiche proposte formulate dalle parti.

xii Agli incontri per l’esame congiunto della situazione aziendale in sede regionale partecipano anche funzionari della Direzione Territoriale del Lavoro o della Direzione Regionale del Lavoro, a seconda che l’intervento di integrazione salariale straordinaria riguardi unità produttive ubicate in una sola provincia o in più province della medesima regione.

xiii Il Ministero del Lavoro con circolare n. 53 del 2002 ha ritenuto che decorsi i venti giorni dalla conclusione della procedura di consultazione sindacale attivata dalla richiesta di esame congiunto della situazione aziendale, l’Amministrazione, alla stregua dei principi di carattere generale contenuti nell’art.16 della legge 7 agosto 1990. n. 241, potrà procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere della Regione interessata.

xiv L’intera procedura di consultazione, attivata dalla richiesta di esame congiunto, si esaurisce entro i venticinque giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta medesima. I termini sono ridotti a dieci per le aziende fino a cinquanta dipendenti.

xv Il provvedimento viene adottato previa approvazione del programma. L’art. 1 D.L. n. 299/94, conv. in L. n. 451/94, a seguito della soppressione del CIPI, attuata dall’art. 1 della L. n. 537/93, ha attribuito le relative funzioni al Ministero del Lavoro.

xvi Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 11-05-2000, n. 302; Cass. civ. Sez. lavoro, 26/09/2011, n. 19618; Cass. civ. Sez. lavoro, 11/04/2007, n. 8707.

xvii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 14/05/2012, n. 7459 “in tema di procedimento per la concessione della c.i.g.s., la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale, assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione ed in ordine all’adozione di meccanismi di rotazione o di criteri specifici alternativi, tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e tale violazione non può ritenersi sanata dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare”. In tal senso ex multis cfr. Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 12/12/2011, n. 26587; Cass. civ. Sez. lavoro, 09/06/2009, n. 13240; Trib. Cassino Sez. lavoro, 31/01/2011.

xviii Cass. civ. Sez. lavoro, 23/09/2011, n. 19416.

xix Cass. civ. Sez. lavoro, 06/04/2012, n. 5582; Cass. civ. Sez. lavoro, 21/09/2011, n. 19235; contra ma isolata Trib. Cassino Sez. lavoro, 12/10/2011.

xx Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 30/03/2012, n. 5179.

xxi Cass. civ. Sez. lavoro, 26/09/2011, n. 19618; Cass. civ. Sez. lavoro, 04-05-2009, n. 10236.

xxii Cfr. circolare Ministero del Lavoro n. 64 del 2000 “il provvedimento concessivo del beneficio CIGS può conseguentemente avere validità annuale. Unica eccezione è costituita - si torna ad evidenziare - dai primi dodici mesi, relativi alle causali di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale, necessariamente suddivisi in due decreti di concessione, a valenza semestrale, in osservanza delle esigenze di verifica ispettiva, di cui si è più sopra ampiamente detto ed al cui positivo esito è, peraltro, subordinata la concessione della prestazione per i periodi successivi al primo semestre”. Sempre sul piano procedurale la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che il potere discrezionale della p.a. si esaurisce nell’apprezzamento dei fatti previsti dalla legge per la concessione del beneficio e non riguarda la estensione soggettiva del beneficio stesso, restando quindi estranea al provvedimento amministrativo l’individuazione dei singoli lavoratori aventi diritto alla integrazione salariale cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 08/01/1997, n. 89; e successivamente anche Cass. civ. Sez. lavoro, 22-02-2003, n. 2760. Di contrario avviso il Consiglio di Stato secondo il quale “il sindacato del Giudice Amministrativo sul provvedimento di diniego dell’ammissione alla Cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, ha dei limiti connessi all’ampio margine di discrezionalità tecnica che caratterizza la valutazione dell’Ente previdenziale sul riconoscimento di una situazione di crisi aziendale ai sensi dell’art. 1 della legge 20 maggio 1975, n. 164. Pertanto, le scelte dell’Ente sono sindacabili soltanto se evidentemente illogiche, manifestamente incongruenti o inattendibili ovvero viziate per palesi travisamenti in fatto”; cfr. Cons. Stato Sez. VI, 02/05/2012, n. 2503.

xxiii Dopo l’emanazione del decreto non è più possibile mutare i criteri i scelta del personale da collocare in CIGS. Ove sorga tale esigenza occorre che l’impresa riattivi la procedura di consultazione sindacale; cfr Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 23-05-2008, n. 13377.

xxiv La Corte di Cassazione ha stabilito che “in tema di cassa integrazione guadagni, la richiesta del lavoratore di risarcimento danni per l’illegittima sospensione a seguito di collocamento in C.i.g.s. ha ad oggetto un credito da inadempimento contrattuale, soggetto all’ordinaria prescrizione decennale”; cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 13/12/2010, n. 25139.

xxv Cass. civ. Sez. lavoro, 24-08-2007, n. 18053.

xxvi L’ultimo capoverso dell’art. 1 comma 8 della L. n. 223 cit. dispone che “l’azienda, ove non ottemperi a quanto previsto in tale decreto, è tenuta, per ogni lavoratore sospeso, a corrispondere con effetto immediato, nella misura doppia, il contributo addizionale di cui all’articolo 8, comma 1, del citato decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. Il medesimo contributo, con effetto dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo all’atto di concessione del trattamento di cassa integrazione, è maggiorato di una somma pari al centocinquanta per cento del suo ammontare”. L’INPS, con circolare INPS n. 152 del 2003, ha comunque ritenuto che il datore di lavoro non può variare in aumento il numero dei lavoratori collocati in CIGS rispetto a quanto stabilito all’esito della procedura.

xxvii Cfr. Cass. civ. 29 dicembre 1998, n. 12867. Nell’ipotesi ordinaria prevista dall’art. 12 del D.P.R. n. 218 cit. il datore di lavoro è tenuto ad anticipare la prestazione ai dipendenti per poi conseguire dall’Istituto previdenziale, mediante un sistema di conguaglio con i contributi da lui dovuti, il rimborso delle somme versate per conto dello Istituto stesso in qualità di adiectus solutionis causa, ovvero di incaricato ex lege; tali somme sono corrisposte non a titolo di retribuzione, ma di integrazione salariale.

xxviii L’art. 2, comma 24, della legge n. 549/1995 impone alle imprese di comunicare ai Comuni di residenza dei lavoratori i nominativi dei lavoratori sospesi, non impegnati in attività formative e di orientamento ai fini di un’eventuale utilizzazione in attività utili o di tutela dell’ambiente.

xxix L’art. 11 del Decreto Ministeriale 19 maggio 2009, n. 46441, attuativo della predetta norma, aveva previsto che “la dichiarazione di immediata disponibilità deve essere resa nota all’INPS all’atto della domanda del trattamento secondo le modalità comunicate dall’INPS stesso”. Ebbene l’INPS con circolare n. 133 del 2010 aveva sottolineato la necessità che il lavoratore preventivamente sottoscrivesse la dichiarazione di disponibilità, in assenza della quale quest’ultimo non poteva percepire nessuna delle prestazioni di sostegno al reddito, né d’altro canto l’azienda era autorizzata a porre a conguaglio somme relative alle suddette prestazioni. L’azienda pertanto con la domanda di CIGS doveva attestare di aver raccolto la dichiarazione del lavoratore e di custodire presso di sé tale documento.

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