Gli organi di Polizia Giudiziaria hanno il potere di irrogare la sanzione per lavoro nero e per mancata consegna del prospetto paga?

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Nel mese di ottobre 2009 la Guardia di Finanza constata che l’Impresa Alfa ha occupato irregolarmente il lavoratore Tizio nel mese di settembre 2009, corrispondendo a costui emolumenti in assenza di prospetto paga. Gli atti di accertamento vengono poi trasmessi alla DPL, che, con proprio verbale, sanziona per lavoro nero l’Impresa Alfa e adotta nei confronti di quest'ultima diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04 per omessa consegna del prospetto paga. Atteso il mancato pagamento delle sanzioni, la DPL notifica all’impresa Alfa ordinanza-ingiunzione. Tale provvedimento viene impugnato dall’impresa Alfa, che ne eccepisce l’illegittimità per aggravio del procedimento, asserendo che la Guardia di Finanza avrebbe potuto sin dall'origine emettere propri provvedimenti sanzionatori senza trasmettere gli atti alla DPL. Nel mese di giugno 2011, su esposto presentato dal lavoratore Caio, la Guardia di Finanza effettua una nuova verifica nei confronti dell’Impresa Alfa, all’esito della quale i militari accertano che nel mese di gennaio 2011 Caio è stato irregolarmente occupato dalla predetta impresa. Tuttavia in questa occasione i militari, anziché trasmettere gli atti di accertamento alla DPL, adottano essi stessi verbale di contestazione di illecito, irrogando, in assenza di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124 cit., i provvedimenti sanzionatori per lavoro nero e per omessa consegna del prospetto paga. Atteso il mancato pagamento delle sanzioni i militari trasmettono il verbale alla DPL che adotta ordinanza-ingiunzione. Anche in tale occasione l’Impresa Alfa impugna l’ordinanza eccependo l’incompetenza dei militari a contestare gli illeciti ascritti essendo questi appannaggio della DPL. Il verbale dell’Istituto previdenziale può ritenersi legittimo?





Il potere sanzionatorio amministrativo

L'art. 13 comma I L. 689/1981 rubricato “atti di accertamento” prevede che “gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica”.

Con tale norma il legislatore ha delineato un sistema di controlli incentrato sull’autonomia funzionale dei singoli organi di accertamento.

In sintesi, per ogni materia in cui sono previste sanzioni amministrative, la legge individua degli organi amministrativi “specializzati”, dotati di adeguati poteri di accertamento e di contestazione. Ciascuno dei suddetti organi ha un particolare “statuto” che disciplina il potere di accesso e di acquisizione degli elementi utili all'accertamento delle violazioni.

Accanto a queste autorità di settore con poteri di contestazione limitati all'ambito di competenza, si pongono anche gli organi di Polizia Giudiziaria, ai quali la legge attribuisce un generale potere di contestazione degli illeciti amministrativi.

E infatti, sempre l’art. 13 al comma IV stabilisce che “all'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di Polizia Giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere [...]”.

L’ultimo comma dell’articolo in commento conclude recitando che “è fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti”.


Gli organi di Polizia Giudiziaria

Prima di esaminare le problematiche nascenti dal sistema di competenze concorrenti tra organi deputati a svolgere attività di accertamento in materia di lavoro e previdenza sociale, è bene chiarire che il Codice di Procedura Penale (di seguito per brevità "c.p.p.") configura la qualifica di Polizia Giudiziaria come "funzione". L’esercizio di tale funzione viene conferito dall’art. 57 c.p.p. ad alcuni soggetti (come la Guardia di Finanza) in forma permanente1, mentre ad altri, tra cui gli Ispettori del lavoro, solo nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo le attribuzioni a costoro conferite da specifici atti normativi2.

Proprio in quanto esercente funzioni di Polizia Giudiziaria in via permanente la Guardia di Finanza avrebbe competenza all'accertamento di tutte le violazioni penali e amministrative3, comprese, pertanto, quelle in materia di lavoro e previdenza ordinariamente appannaggio degli Ispettori del lavoro.


L’interpretazione Ministeriale

A ben vedere, tuttavia, il Ministero del Lavoro4 ha circoscritto la portata estensiva della prospettazione sopra esposta, sul presupposto implicito dell’esistenza di un rapporto di specialità tra l’art. 13, comma 4, L. 689/1981 e l’art. 36bis, comma 7, L. 248/2006, che nel disciplinare la maxi-sanzione per lavoro nero conferisce il relativo potere sanzionatorio alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente.

Parafrasando l’assunto del Ministero, l'operatività attribuita dal comma 4 dell’art. 13 L. 689 cit. agli organi di Polizia Giudiziaria incontra un limite nel momento in cui la legge attribuisce specificatamente il potere di irrogazione delle sanzioni amministrative esclusivamente agli Uffici periferici del Ministero del Lavoro. In tal caso gli organi a competenza generale, ergo anche la Guardia di Finanza, debbono limitarsi, laddove constatino degli illeciti, ad effettuare la relativa informativa e trasmissione dei verbali alle Direzioni Provinciali del Lavoro competenti per territorio.

Sebbene le disposizioni amministrative in commento si riferiscano solo alla Guardia di Finanza, si ritiene che i principi sopra esposti possano ritenersi applicabili anche a tutti gli altri organi di Polizia Giudiziaria a competenza generale, tra i quali ad esempio i Carabinieri, salvo quelli appartenenti al Nucleo dell’Ispettorato del Lavoro5.


Il caso concreto


a) la prima ordinanza-ingiunzione

Quindi, in aderenza a tale assunto, la Guardia di Finanza, in occasione della prima verifica effettuata nei confronti dell’Impresa Alfa si è giustamente limitata a riscontrare l’occupazione irregolare di Tizio senza adottare i provvedimenti sanzionatori. Gli atti istruttori contenenti sono stati poi trasmessi del tutto correttamente alla DPL, che con proprio verbale ha irrogato le sanzioni di competenza, adottando i correlativi atti di diffida. Nel caso in questione, pertanto, non pare che si possa arguire un aggravio del procedimento sanzionatorio.


b) la seconda ordinanza-ingiunzione

Se la prima ordinanza-ingiunzione risulta legittima, si potrebbe dedurre simmetricamente e per converso, l’illegittimità del secondo atto di ingiunzione di pagamento adottato sulla scorta della verifica effettuata dai militari nel mese di giugno 2011. In tale occasione, infatti, le Fiamme Gialle, anziché trasmettere gli atti di constatazione dell’illecito alla DPL, hanno adottato loro stessi il verbale contenente i provvedimenti sanzionatori per lavoro nero e per omessa consegna dei prospetti paga al lavoratore Caio.

La questione a ben vedere merita ulteriore approfondimento in ragione della circostanza che la fattispecie sanzionatoria delineata dall’art. 36bis l. 248/2006 è stata integralmente riscritta dal c.d. "Collegato lavoro". Infatti, l’art. 4, comma 1, L. 183/2010 testualmente recita: “all'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente”.

In base alla modifica apportata può sostenersi, da un lato che il novero dei soggetti legittimati all’irrogazione della sanzione per occupazione di lavoratori in nero è stato ampliato, atteso che ora sono compresi anche gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di fisco. Dall’altro lato che tale estensione, pur sempre circoscritta e non generalizzata, costituisce implicita conferma della peculiare qualificazione richiesta ex lege per l’adozione di tale sanzione e, pertanto, dell’attuale vigenza del rapporto di specialità esistente tra l’art. 13, comma 4, L. 689/1981 e l’art. 3 L. 73/2002.

In altri termini, a parere degli scriventi, la possibilità di applicare la maxi-sanzione non viene riconosciuta indistintamente a tutti gli organi di Polizia Giudiziaria6, bensì solo a quelli "che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza"; considerato che la Guardia di Finanza effettua accertamenti in materia fiscale, la stessa deve ritenersi munita del potere di irrogare la maxi-sanzione.

Ne segue che, in applicazione del principio tempus regit actum, il rapporto di lavoro irregolare intrattenuto da Caio con l’Impresa Alfa, in quanto riscontrato e accertato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 183 cit., non poteva che essere sanzionato dalla Guardia di Finanza.

Altra questione si pone allorquando il rapporto di lavoro in nero cada sotto il regime della vecchia e della nuova disciplina, poiché in tal caso si pongono problematiche di diritto intertemporale, la cui soluzione (se bene esuli dalla presente trattazione) viene fornita dal Ministero del Lavoro con circolare n. 38/10, che considera decisivo ai fini dell’individuazione del regime sanzionatorio applicabile il momento “commissivo dell’illecito”. Tale regime viene determinato con riferimento alla cessazione della condotta illecita realizzata o in maniera spontanea dal trasgressore, ovvero per effetto dell’intervento dell’organo ispettivo. Sicché, ove l’illecito sia cominciato prima del 24 novembre 2010, ma sia proseguito oltre tale data, la competenza all’irrogazione della maxisanzione si radica in capo all’organo di vigilanza che effettua l’accertamento. In ragione di ciò non potrà che reputarsi illegittima una eventuale scissione delle competenze basata sulla data di entrata in vigore del c.d. Collegato lavoro, giacché, diversamente, per il medesimo rapporto di lavoro in nero si determinerebbe un'indebita duplicazione della maxisanzione7.

Chiarito incidentalmente l’aspetto di diritto intertemporale e tornando al caso in commento, proprio per l’operatività del richiamato principio di specialità, può rilevarsi l’illegittimità della seconda ordinanza-ingiunzione nella parte relativa alle sanzioni per omessa consegna a Caio del prospetto paga. Infatti l’art. 6 della L. n. 4/538 assegna il corrispondente potere sanzionatorio esclusivamente all’Ispettorato del lavoro e pertanto tale illecito non poteva essere contestato dalla Guardia di Finanza, anche successivamente al "Collegato Lavoro".

La circostanza che la Guardia di Finanza, dopo aver contestato l'illecito di cui sopra con proprio verbale, abbia trasmesso rapporto alla DPL ai fini dell'adozione dell'ordinanza-ingiunzione, non riconduce nell'alveo della legittimità il provvedimento sanzionatorio. Infatti, è vero che l'atto terminale del procedimento sanzionatorio è costituito dall’ordinanza-ingiunzione9, ma è altrettanto vero che quest’ultimo provvedimento, in quanto adottato da un’amministrazione di ramo differente da quella di appartenenza della Guardia di Finanza, non permette di "recuperare" il vizio di illegittimità degli atti.


Il potere di diffida

In ogni caso, il secondo provvedimento di ingiunzione appare complessivamente illegittimo sotto altro e differente aspetto e che riguarda le modalità procedurali, poiché la Guardia di Finanza ha irrogato le sanzioni in assenza di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04.

La mancata consegna della busta paga e la prestazione di lavoro in nero (cfr. circolare Ministero del lavoro n. 38/10) costituiscono illeciti sanabili e pertanto sottoposti alla condizione di procedibilità della diffida (cfr. circolare n. 9 del 2006 del Ministero del Lavoro), il cui mancato rispetto comporta l’illegittimità del procedimento sanzionatorio10.

Al riguardo occorre osservare che antecedentemente alla L. n. 183 cit. il potere di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124 cit., era appannaggio esclusivo del personale ispettivo del Ministero del Lavoro.

La L. 183 cit. anche su questo aspetto ha riscritto integralmente la procedura ispettiva contenuta nell’art. 13 D.lgs. 124/2004. Infatti, il settimo comma del novellato articolo 13 prevede che “il potere di diffida di cui al comma 2 è esteso agli ufficiali e agenti di Polizia Giudiziaria che accertano, ai sensi dell’articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5.”

Con l’entrata in vigore della legge 183/2010, pertanto, il sistema delle competenze concorrenti nell’ambito della tutela del lavoro è diventato perfettamente simmetrico, in quanto, tutti gli organi di Polizia Giudiziaria sono stati dotati degli stessi poteri sanzionatori, residuando in capo all’ispettore del lavoro, in via esclusiva, solo il potere di irrogazione di sanzioni espressamente attribuito dalla legge alle Direzioni del Lavoro e il potere di sospensione dell’attività imprenditoriale per l’impiego di lavoratori irregolari.

Sicché, l’attribuzione del potere di diffida alla Guardia di Finanza comporta che anche quest’ultima, nell’adottare i provvedimenti di competenza è tenuta a garantire la sanabilità di tutti quegli illeciti, tra cui il lavoro nero, a carattere ripristinatorio, impartendo il provvedimento all’uopo funzionale, in mancanza del quale gli atti successivi non potranno che qualificarsi illegittimi.


NOTE

1 I Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria e il Corpo Forestale dello Stato, sono competenti all'accertamento di tutte le violazioni penali ed amministrative su tutto il territorio nazionale e senza limitazioni di orario.

2 Art. 57, comma III , c.p.p.

3 A tal proposito la Cassazione, affrontando incidentalmente la questione, ha stabilito che “gli appartenenti al corpo di pubblica sicurezza “in servizio permanente” sono sempre tenuti, come agenti o ufficiali di Polizia Giudiziaria, anche se liberi dal servizio, ad accertare i reati o le infrazioni amministrative” (cfr. Cass. penale, sezione I, sentenza 24 marzo 2005, n. 11709).

4 Indirizzo formulato con nota prot. 25/I/0002828 del 20/02/2008.

5 Al personale del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, nell'esercizio delle proprie funzioni, vengono attribuiti "i poteri ispettivi e di vigilanza" necessari all'espletamento di tutti i compiti di controllo e verifica affidati al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dalle normative vigenti in materia di lavoro, su tutto il territorio nazionale (cfr: http://www.carabinieri.it/Internet/Cittadino/Informazioni/Tutela/Lavoro).

6 Di cui all'art. 13 comma 4 L. 689/1981

7 La scissione delle competenze che prescinde dal momento consumativo dell'illecito e si basa esclusivamente su una formale ed errata applicazione del principio tempus regit actum, determinerebbe una duplicazione della maxi-sanzione, in quanto da un lato l’organo fiscale sanzionerebbe motu proprio la condotta illecita realizzata successivamente alla L. n. 183 cit., dall'altro lato un'ulteriore maxi-sanzione sarebbe applicata dalla DPL competente per la condotta illecita posta in essere successivamente alla data del 24/11/2010.

8 Infatti l'art. 1 della legge n. 4/1953 stabilisce che "è fatto obbligo ai datori di lavoro di consegnare, all'atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti,

9 cfr. Cass. Civ. Sez. Lav. 16319/10.

10 cfr. Trib Fermo 13/05/2005; Trib San Benedetto del Tronto 28/04/2006.



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