Il libero professionista non può essere colpito da interdittiva antimafia

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Il libero professionista non può essere colpito da interdittiva antimafia

La persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società non può essere destinataria di una informativa antimafia.

Il principio si applica anche ai liberi professionisti non organizzati in forma d’impresa, i quali, agendo come persone fisiche, non possono essere colpiti da un'interdittiva antimafia.

Lo ha puntualizzato il Consiglio di Stato nel testo della sentenza n. 2212 del 2 marzo 2023, nel pronunciarsi rispetto alla vicenda di un professionista, un architetto, che era stato raggiunto da un'informativa antimafia di tipo interdittivo, emessa nei suoi confronti dalla Prefettura.

Nel caso esaminato, l’interdittiva era stata applicata in relazione a un incarico conferito all'interessato da parte di un comune, avente ad oggetto una prestazione di natura professionale.

Il Tar, davanti al quale il professionista aveva impugnato il provvedimento di interdittiva, aveva accolto le ragioni del ricorrente negando che un libero professionista - che non riveste la qualità di imprenditore - potesse essere colpito da un’informativa antimafia.

Il Ministero dell’Interno aveva proposto appello, ritenendo non condivisibile tale assunto e sostenendo che la disciplina relativa all’informativa antimafia dovesse essere coordinata con la disciplina dell’acquisizione, da parte dell’ente locale sottoposto a procedura di scioglimento ex art. 143 TUEL, di detta informazione prima della stipula di qualsiasi atto negoziale (compresi i contratti con cui si conferisce un incarico professionale).

Niente interdittiva per il professionista che agisce come persona fisica

Appello, tuttavia, che il Collegio amministrativo ha giudicato infondato, in forza del principio di legalità.

Secondo il CdS, la tesi di fondo su cui poggiava l’impugnazione ministeriale si basava su un errore prospettico, atteso che il problema da risolvere andava posto non tanto sul terreno della limitazione dell’ambito applicativo, bensì sul piano della esatta perimetrazione di quest’ultimo.

Prima di tutto, infatti, occorreva procedere con l’esame della delimitazione delle categorie di soggetti che possono essere attinti dal provvedimento limitativo della loro capacità giuridica speciale.

E in tali categorie, tassativamente individuate dalla disposizione primaria, non rientravano i liberi professionisti non organizzati in forma d’impresa.

Il principio di tassatività - si legge nella decisione - impedisce che l’incapacità giuridica relativa recata dal provvedimento afflittivo di cui si tratta possa essere, per soggetti non contemplati come destinatari dalla disposizione attributiva del potere, un effetto non espressamente previsto dalla legge, ma "desunto per implicito da un’interpretazione sistematica che comporti la conseguenza dell’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della stessa".

Inoltre, il principio di legalità impone che nell’esegesi di una disposizione come quella in esame "il dato letterale non venga superato, in senso afflittivo e limitativo delle libertà dei soggetti interessati, da un’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione non espressamente contemplata dal legislatore".

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